lunedì 24 gennaio 2011

MARIO GAZZOLA – RAVE DI MORTE (MURSIA – 2009)

Dice Max Peltier/Tom Sizemore (attore a mio avviso sottostimato) nel film ormai di culto “Strange Days”, ad opera del futuro Premio Oscar Kathryn Bigelow:
“Sai come faccio a sapere che è la fine del mondo Lenny? Perché tutto è già stato fatto, capisci? Ogni genere di musica è stata provata, ogni genere di governo è stato provato, capisci? Ogni cazzo di pettinatura, ogni orrendo gusto di gomma da masticare, i cereali per la colazione…capisci che intendo? Che ci resta da fare? Come faremo a sopravvivere, per altri mille anni?”

Mi piace pensare che questa frase, in qualche modo profetica, sia rimbombata come un Rave (appunto) nella testa dell’autore meneghino, Mario Gazzola, nella costruzione del suo romanzo Science Rock Fiction ”Rave di Morte”.

Il principio è identico: un mondo allo sbando tra totalitarismo politico, violenza distribuita a piene mani e una visione distorta dell’industria musicale, che crea intrattenimento sulla pelle dei suoi stessi artisti e se alla fine ci rimangono secchi tanto meglio: la tecnologia (una perversa aberrazione, senza alcuna parvenza di umanità) sarà subito pronta a rimpiazzarli con trovate diaboliche, degne di un Faust in acido.

Siamo nel 2025, ai tempi della Quinta Campagna Irachena. Il critico musicale Lester Peels (alter ego letterario dell’Autore) finisce dentro un gioco più grande di lui, che lentamente lo stritolerà. Ascoltando in anteprima il nuovo disco della cantante Yoki Amor (alter ego futuristico di Tori Amos), scopre che si tratta di una voce artificiale e che di mezzo c’è un omicidio. In realtà Yoki Amor non è mai esistita. È solo l’inizio: qualcuno sta userà un suo brano inedito per incastrarlo e rovinargli la vita. Un intrigo, dove la musica di tutti i generi, dall’Hard Core al Punk, fino al Rock Classico e al Nu Metal, si mescola alle vicende di una società mondiale ormai al collasso.

È molto, molto raro imbattersi in Italia in un connubio così “lampante” di narrativa e musica. Ne abbiamo già parlato in Horror Rock – La Musica delle Tenebre. Se all’estero si tratta oramai di un genere letterario consolidato con nomi di punta come Ray Garton, David J. Schow, John Skipp e Graig Spector (e in tal caso parliamo di Horror Rock Fiction), nel Bel Paese c’è il “solito" Danilo Arona, con i suoi orrori metafisici e provinciali, ammantati di un “rifferama” tipico del Rock più genuino e valido che sia mai esistito: quello dei 70’. Inutile citare alcuni titoli. Chi segue questo blog li conosce a pennello. E poi? Poco, davvero poco. Giusto un paio di autori (Corradi Marzaduri e Walter Diociaiuti) sulla scia dell’autore di Bassavilla.

Se partiamo da questo dato di fatto, Mario Gazzole è già una mosca bianca del panorama letterario nostrano. Non scrive di Horror Rock Fiction ma di Science Rock Fiction. Etichetta che mi sono preso la libertà di infliggere all’autore milanese. Perché “Rave di Morte” non è horror, o meglio non proprio. È Fantascienza dell’Apocalisse. Un genere (orrorifico) che in Italia sembra davvero fare proseliti, giorno dopo giorno, da Altieri in poi. Ma Gazzola ha letto (e tanto) Dick e Gibson. E poi si è pappato in un solo colpo tutta la Science Fiction cinematografica più borderline e depressiva, dalla fine anni '80 fino a metà anni '90. I titoli sono quelli e li trovate anche nella nota alla fine del libro, scritta da Carlo Formenti: “Johnny Mnemonic”, “1997 - Fuga da Los Angeles”, “Robocop”, “Total Recall” e (appunto) “Strange Days”, con una spruzzata, alla fine, di “Soldato Jane”, che non fa mai male.
L’immaginario “gazzoliano” è tutto qui (e l’autore ci tiene a farlo sapere). Ma l’invenzione vincente è nella musica. Una colonna sonora che spazia tra Deep Purple e Tim Bukley, Marilyn Manson e System of a Down, fino ad arrivare all’elettronica acida di Massive Attack e Orgy ( più sublimata che citata). C’è sempre Rock nelle pagine di Gazzola. Se non sono brani o atmosfere, sono vicende di giornalismo, di copyright, di censura, di promozione a tutto tondo.

Nel mondo dipinto dall’Autore, la Musica (con la M maiuscola) sembra essere una questione di vita o di morte. Tutte le altre miserie della vita umana sono messe in secondo piano. Un disco in uscita è cool. Il resto è merda. E la pirateria un male biblico come e più di fame e pestilenze assortite. Mai visto un contesto del genere nella narrativa italiana che da sempre si accartoccia su se stessa, auto infliggendosi ambientazioni e temi triti e ritriti. Gazzola osa, osa davvero, e molti non glielo perdoneranno.

Perché, come dice lo scrittore della strada, in vena di mistificazioni e verità al sugo di ragù: “l’autore italiano è credibile solo se ambienta le sue storie nel Bel Paese”. Cazzate, signori. Finché vivremo con “regoline” del genere, la narrativa nostrana vivrà in un ghetto o in una prigione simile a quella descritta da Gazzola nel suo libro. L’Autore italiano deve fare quello che si sente di fare, non quello che viene imposto da un sistema di pensiero stantio e oscurante. La narrativa è libertà e invenzione, ispirazione e interpretazione, senza steccati o forzature. Bravo e coraggioso l’autore di “Rave di Morte” a non essersi fatto irretire dalle sirene del “buonsenso letterario”, costruendo un libro godibile e ricco di citazioni cinematografiche e discografiche.

Obbligatorio, da ora, inserire Mario Gazzola negli Autori horror rock tout court.
Ed è sicuramente in buona compagnia.

Nessun commento: