martedì 9 marzo 2010

RAYMOND RUDORFF - GLI ARCHIVI DI DRACULA ( GARGOYLE - 2010)

“Gli Archivi di Dracula” di Raymond Rudorff è un libro che nasce già “Gotico” in partenza.
Il suo autore? Praticamente uno sconosciuto.
Como scrive “misteriosamente” Gianfranco Franchi nella sua postfazione, Rudorff “era un uomo che preferiva restare nell’ombra e a quanto pare nell’ombra riposa”.
Praticamente non si riscontrano notizie biografiche precise sulla vita di Rudorff.
Di sicuro è stato uno storico di alto valore ( basta spulciare tutte le pillole storico/antropologiche presenti nel romanzo) e un traduttore coi fiocchi.
Solo questo?
Possibile?
Nel 2010, nel mondo del web dove con un clic si possono conoscere “vita, morte e miracoli” di ognuno di noi, esistono ancora personaggi avvolti nell’ombra ( voluta o meno?).
Sembra proprio di sì.
Non a caso la Gargoyle Books ( che ha tradotto e pubblicato il libro dopo oltre 40 anni) ha dovuto lasciare una dichiarazione nella quale precisava che non era riuscita a rintracciare i titolari del Copyright ( parenti, discendenti etc.) e che quindi rimaneva a disposizione di eventuali aventi causa.
Affascinante.
Sembra di rivivere un racconto di Le Fanu o un enigma alla Lovecraft.
Passiamo al romanzo.
Il titolo “Archivi di Dracula” non deve trarre in inganno il lettore sprovveduto o saturo di elucubrazioni storico/fantastiche sul mito di Dracula.
Qui siamo lontani anni luce dalla sterile inventiva dei “Diari della famiglia Dracula della scrittrice americana Jeanne Kalogridis, invero un pastiche confuso ( e forzato) del romanzo di Stoker .
Non siamo neanche nell’ambito del Vampiro post moderno come delineato di recente da tanti autori nostrani e non solo.
Se di modernità dobbiamo parlare lo faremo in modi meno prevedibili.
Come imprevedibili sono le trovate narrative che stanno alla base del libro.
Il romanzo ( storico?) di Rudorff trasuda classicità e tradizione Gotica da tutti i pori ( o da tutte le pagine).
L’impianto iniziale è quello del carteggio ( lettere, diari, memorie anonime) alla Stoker.
Quello che però mancava al romanzo “stokeriano” era una maggiore dinamicità dei personaggi cosa che è invece ben presente in questo romanzo.
Esempio fulgido è il personaggio di Stephen Morheim.
Prima ragazzino ritardato che perde i genitori per uno strano caso di vampirismo mai spiegato totalmente dall’autore.
Poi pian piano risorge dalle ceneri della sua demenza ( e dal dolore) e dischiude le ali in una sorta di indipendenza “faustiana”.
Faust/Stephen dualismo che spiega bene il personaggio .
Attraverso lo studio e la scoperta di libri antichi ( espediente tipicamente Gotico) scopre di essere discendente di un ramo della famiglia Bathory.
Non solo, attraverso le sue ricerche e i suoi viaggi ( eccolo l’elemento dinamico) scopre alcuni suoi legami anche con la famiglia Dracula e un amore interessato per una delle sue discendenti dirette.
Come uomo combattuto tra tradizione ( la ricerca delle sue radici arcaiche, seppur maledette e il potere che ne deriva) e modernismo ( sposare la discendente per ottenerne i beni tra cui i ruderi del castello di Dracula quanto mai simbolo di alterità e distacco ) si staglia nelle pagine del romanzo con fascino traboccante.
Mi chiedo se la scrittrice Anne Rice abbia mai letto di questo personaggio prima di creare il suo Lestat De Lioncourt nelle “Cronache dei Vampiri”.
Interrogativo di non poco conto.
Tornando a Stoker ci sono comunque molti similitudini con “Dracula”.
Il personaggio di Arminius creato da Rudorff è praticamente l’alter ego del Dottor Van Helsing.
Studioso, professore e soprattutto guida sicura tra i meandri della vicende vampiriche e storiche che assalgono gli sprovveduti protagonisti.
Tra questi la dolce e giovane Elisabeth Sandor che lascia un amore sicuro e terreno ( quello di Ernest) per abbracciare i desideri oscuri e blasfemi di Stephen.
Quali? Basta un po’ di fantasia..
Anche in questo caso il parallelo con la Mina di Stoker è palese.
Solo che Rudorff non ha intenzione di salvare il lettore.
Non troverete finali ristoratori alle pene provate leggendo il libro.
E i misteri (seppur apparentemente rivelati) sui legami di sangue ipotizzati da Arminius tra due veri e propri archetipi del grottesco ( Bathory e Dracula) saranno di nuovo avvolti nell’ombra così come nell’ombra l'autore ha avvolto la sua esistenza.
C’è un dubbio che mi ha assalito prepotentemente alla fine della lettura.
Le prime pagine e l’epilogo del libro sono memorie anonime fatte di bramosia, desiderio, vita selvaggia, scoperte e sete di potere.
E’ questo il vero senso del libro?
In ognuno di noi si cela un desiderio oscuro di sopraffazione e mistero che è poi l’anticamera del vampirismo psichico?
Rudorff attraverso le vicende di Stephen, Elisabeth, Arminius, ha raccontato la nostra metà oscura?
Possibile.
Del resto da attento erudito qual era ( e lo era di sicuro!) aveva colto in pieno la simbologia nascosta del mito/archetipo/vampiro.
Un misto di bramosia tipicamente terrena e di ricerca verso dimensioni “altre”.
Romanzo affascinante questo “Gli Archivi di Dracula”, che seppur nel suo impianto Gotico e nel suo stile forbito, trasuda una dimensione attuale e “faustiana” del vivere moderno.

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