sabato 18 giugno 2011

IL DEMONE (PO)MERIDIANO


Secondo la tradizione classica, il Meriggio (Mezzogiorno) è l’unico momento della giornata in cui il tempo sembra fermarsi in una stasi inquietante e possono accadere strani avvenimenti legati alla demonologia e addirittura al vampirismo.
Secondo il sito di Sabbatica.org “la luce divorante del meriggio è il luogo elettivo di demoni, phantasmata, incubi e succubi: entità che, prima di essere confinate nelle tenebre e nella notte dal cristianesimo, non conoscevano distinzioni morali tra luce e oscurità. Specialmente per la civiltà greca, quello del meriggio è un istante critico in cui il tempo e la natura paiono fermarsi in una stasi inquietante, mentre gli effetti dell’astro smettono di essere benefici e fecondatori e si fanno opprimenti e disseccanti. Insolazioni, miasmi e allucinazioni di una terra colpita da un calore ustionante forniscono l’humus di mitologie e letterature che esorcizzano il calore, la solitudine, gli effetti distruttivi della natura su un popolo di pastori e marinai.”
Qui al Sud Italia le ore successive al Mezzogiorno, possono essere comparate alla mezzanotte di un qualsiasi paese o cittadina comune: chiudono i negozi e la gente si ritira in casa per mangiare. Molti, moltissimi, cercano anche di ristorarsi con qualche ora di sonno prima di iniziare nuovamente le attività diurne.
Le strade si svuotano e uno strano silenzio cala sulle case, come se all’improvviso la vita si arrestasse d’incanto, preda di un sortilegio che come abbiamo letto precedentemente ha qualcosa di mitologico e se ci pensiamo bene di orrorifico.
Tutto questo preambolo per raccontarvi un piccolo mistero che mi è accaduto personalmente, in questi giorni di calura estiva e che, come gli antichi greci dicevano secoli prima, seppur verificatosi sotto un sole ardente, ha tutta la forza visionaria e ombrosa di un qualsiasi evento notturno.

Sono da poco passate le 14:00 p.m. e sto guidando a velocità normale su una strada solitaria che collega il mio paese, Sarno, agli altri centri del salernitano. Intorno a me, chilometri e chilometri di campagna coltivata e nessun’anima viva.
Come mio solito ascolto musica rock a tutto volume, riflettendo sugli impegni pomeridiani e serali.
D’un tratto un lungo nastro nero appare sulla carreggiata. È lunghissimo e sembra quasi trasportato dal vento. Lo osservo senza preoccupazioni. Normalissimo trovare sulle strade di periferia spazzatura varia e molto spesso (ahinoi!) carcasse di animali investiti.
Decido di non rallentare. Del resto che cosa può farmi un nastro o una corda adagiata sull’asfalto?
Sono a pochi metri dal quell’inoffensivo imprevisto quando il cuore mi sobbalza in gola come se avesse vita propria e desiderasse abbandonare il mio corpo.
Conosco quel movimento! Non è il vento (del resto la giornata è torrida e insopportabile) a far muovere l’oggetto ma un incedere sinuoso e orribile ai miei occhi: quello di un serpente!

Mentre sto per investirlo valuto la sua lunghezza e mi si ghiaccia il sangue nelle vene. Sarà almeno un metro e mezzo. Ed è nero come la notte. Rallento ma è troppo tardi. Lo investo in pieno!
Fermo immediatamente l’auto a lato della strada ma non oso aprire lo sportello. Sono terrorizzato!
Sporgo lentamente la testa dal finestrino e il demone del meriggio è mirabilmente ancora vivo e in movimento sulla carreggiata.
Intanto si avvicina veloce un’altra vettura. Stavolta la bestia non ha intenzione di farsi sopraffare.
Con uno scatto che mi fa sobbalzare nell’abitacolo, cerca di mordere lo sportello dell’auto in corsa. La macchina è troppo veloce e l’aggressione fallisce miseramente.
Come a comprendere la lotta impari tra natura e tecnologia umana, il lungo essere pomeridiano va a nascondersi in un cespuglio vicino.
Mi rassicuro che è tutto finito. Che è stata solo una piccola avventura da raccontare agli amici.
Riaccendo il motore ma qualcosa mi blocca nuovamente.
Dal lato opposto della strada si avvicinano lentamente alcune ombre: sono ciclisti.
Immagino il serpente acquattato nell’erba che con uno scatto febbrile azzanna la gamba di uno di loro, tra urla di orrore e ho un brivido freddo.
Abbandono l’auto ancora accesa e come se fosse giunta l’apocalisse mi fiondo di corsa verso i ciclisti con le mani al cielo.
Gli uomini, sorpresi e attoniti, arrestano subito la loro corsa. Si tratta di un vecchio contadino e a poca distanza un paio di marocchini.
Mi guardano perplessi: pensano che ho bisogno di aiuto, forse di benzina o di un meccanico.
Sudato e eccitato spiego quello che ho visto.
Uno dei marocchini ride divertito. Forse dalle sue parti rettili neri lunghi oltre un metro sono la normalità ma diavolo! per me non lo sono.
Il vecchio agricoltore ascolta invece serio e attento il mio racconto. Ha delle rughe così profonde sul volto abbronzato che sembra uno sciamano indiano.
Consiglio vivamente agli uomini di chiamare aiuto perché quell’animale è davvero pericoloso e potrebbe attaccare qualcuno.
I marocchini spazientiti e tutto sommato increduli (o indifferenti a seconda dei casi) mi lasciano alle mie congetture e dopo aver attraversato incolumi il tratto di strada incriminato si allontanano verso Sarno.
Rimane solo il vecchio, che con sguardo penetrante, osserva le mie mosse.
Provo vergogna e sgomento per quello che è successo. Forse mi sono lasciato prendere troppo dalla visione dell’animale.
Sto per salutare e andarmene quando lo sciamano finalmente si decide a parlare. Il suono della sua voce è acuto e sgraziato e non so perché, mi ricorda nuovamente il serpente.
Con tono austero, racconta che ne ha visti tanti nella sua vita, anche di più grossi, e spesso si aggirano a quell’ora attratti dalla luce e dal calore del sole.
Gli chiedo se è stato mai attaccato e con disarmante semplicità risponde che è stato morso da giovane finendo all’ospedale. Da allora porta sempre degli stivali da lavoro, alti fino al ginocchio, anche in estate.
Immagino la vita del contadino, a stretto contatto col pericolo dei serpenti e provo un senso di irrealtà.
Lo saluto confuso, porgendogli la mano e in cambio ricevo una stretta callosa e un sorriso sdentato che mi ricorda nuovamente la bocca di un serpente.
Salgo veloce in auto, non prima di aver osservato il cespuglio e il mistero che si cela dietro i suoi rovi.
Per giorni la visione del serpente e del vecchio infesteranno i miei ricordi assumendo un alone onirico e quasi mitologico.
Il mito di una terra bruciata dal sole che nell’ora più calda e luminosa si ferma come per incanto, lasciando il posto a esseri mostruosi come il serpente (po)meridiano.

16 commenti:

Temistocle Gravina ha detto...

Bellissimo racconto. Anch'io ho vissuto per quasi 40 anni al sud e capisco perfettamente la paura di addentrarsi a quell'ora in luoghi poco frequentati e soprattutto pieni di arbusti e sterpaglie. Una volta ero in bicicletta e stavo camminando su una strada sterrata, quanto ho visto a una trentina di metri "qualcosa" di nero e lungo che attraversava la strada. Non ci ho pensato due volte: ho frenato, girato la bici e fatto un giro mooolto più lungo per arrivare alla meta! Ed è vero quel che dici, non è tanto la paura di essere morsi, quanto quella di sapere che quegli esseri sono i padroni di un mondo che non è il nostro ma fa di tutto per inghiottirlo (pensa al fatto che se nessuno taglia le erbacce, queste invadono tutto e tutto diventa sterpaglia. (ma non ditelo a Ferru!)
Temistocle

Hell ha detto...

Io ci vivo, al sud. E so perfettamente di che atmosfera parli. ;)
Torrida e ovattata, interrotta solo dal frinire delle cicale.
Il mondo si ferma. E arde.

Bellissima, però, e anche un po' inquietante.

EDU ha detto...

Grazie mille, TIM. ^__^
Solo chi ha vissuto nel sud sonnolento e pericoloso del meriggio (ma anche in campagna generalmente) può capire certe cose.
Non fanno paura solo le ombre della notte ma anche tutti quegli esseri che si aggirano alla luce del sole nei luoghi più solitari e impenetrabili.
E non parlo solo di serpenti, ma anche di branchi di cani impazziti, pantere nere (o presunte tali), vipere, cinghiali etc.
Qui c'è una casistica enorme (e molto spesso misteriosa) legata al meriggio e ai pericoli connessi a questo periodo della giornata.
E non ci vuole molto a interpretare questi eventi come qualcosa di onirico e mitologico come facevano i greci e non solo.

EDU ha detto...

Grazie mille, Germano. ^__^
Come dicevo a TIM, solo chi vive al sud può comprendere che il pericolo (in qualsiasi forma esso sia) può celarsi anche sotto la luce calda e rassicurante del sole.
Non a caso una certa dimensione mitica e occulta parla di Demoni del meriggio che a quanto pare sono anche più potenti e infimi di quelli che si nascondono nel buio.
Nel meriggio tutto può succedere...

Fra Moretta ha detto...

Inquietante,non è che il vecchio ne sapeva più di quanto ne dava a vedere?

EDU ha detto...

L'ho pensato anch'io Fra.
Più lo guardavo più pensavo al serpente. Era una sensazione strana.
Avvertivo che i due fossero collegati in qualche modo o solamente me l'ero fatta addosso dalla paura e avevo perso la testa. ^__^
Del resto il caldo provoca anche allucinazioni e intorpidimento dei sensi.

Cripto ha detto...

qua infatti non si smuove niente fino alle 4 del pomeriggio, spesso nemmeno per andare al mare.
comunque si.... mi è capitato di incontrare serpentoni neri lunghi più di un metro..... non è facile incontrarli ma nemmeno così raro.

Nick Parisi. ha detto...

Conosco benissimo le sensazioni di cui parli: il clima dell'estate campana; le cicale e quel'atmosfera impercettibile di un qualcosa che è sempre lì uguale a se stesso da secoli. Magico ma inquietante.
In misura diversa ritrovo questa sensazione qui nella laguna veneziana, anche qui mi capita d'incontrare serpenti, spesso però sono bisce od orbettini investite dalle macchine.
Forse nel veneziano i demoni del meriggio sono meno forti... o forse la maligna magia degli uomini ha vinto,in ogni caso non è una bella sensazione.
Un caro saluto.

EDU ha detto...

@Cripto/Peppe

Allora anche dalle tua parti il meriggio è foriero di eventi misteriosi e di strani incontri? Io penso proprio di sì.

@Nick

Come ben dice Germano "Il mondo si ferma. E arde". Un mondo tra sogno e visione, dove il sole invece di portare vita e attività, stanca le membra e provoca sonno, allucinazioni e insolazioni.
Potrebbe annidarsi il male in una dimensione del genere? Anche Venezia non è male come non-luogo visionario e occulto anche se la immagino maggiormente al buio.

Unknown ha detto...

Bel racconto ottimamente introdotto. Le atmosfere del meriggio "demoniaco" mi hanno ricordato alcuni (purtroppo rari) thriller oscuri ambientati al sud, non per ultimo "Non si sevizia un Paperino".

Donata Ginevra ha detto...

mi hai messo i brividi! adoro i serpenti, ma questo di cui hai raccontato mi avrebbe fatto fuggire a gambe levate! in effetti, come ha detto Nick, qui al Nord le tradizioni si sono un po' perse, anche se ne rimane ancora qualcuna, tramandata dai nostri nonni. Bel post, come sempre!

EDU ha detto...

@Alex

Grazie amigo. ^__^ Ottima segnalazione filmica. In affetti, se non mi sbaglio, non c'è poi molto sul tema.

@Donata

Non ti dico cosa ho provato io quando l'ho visto. Ero paralizzato. Penso che non si è mai abituati a confrontarsi con la natura soprattutto con quella più selvaggia e violenta. A mio avviso è una lotta impari. L'uomo moderno ormai è preso da altro...

Ferruccio Gianola ha detto...

Bel racconto


e bel "Coluber virididiflafus"

io con i serpenti divento matto, li adoro:-)

EDU ha detto...

Grazie Ferruccio.
Io li odio i serpenti. ^__^

CyberLuke ha detto...

A me, i serpenti, non fanno alcuna simpatia.
Mi sembrano un'aberrazione della Natura, che si è scordata (o non ha voluto) di dargli braccia o zampe, e questi se la sono legata al dito (o alla coda, che nel loro caso coincide col corpo) e hanno giurato di odiare tutto il resto del Creato.
Dal basso dove sono relegati, a strisciare, a spiarci e ad odiarci.
Così li vedo io.

EDU ha detto...

@Cyber

La tua interpretazione mi trova molto d'accordo. Credimi guardarne uno (grosso) da vicino ti toglie tutta la voglia di avere a che fare con loro.