venerdì 29 luglio 2011

IL PUMA NERO DI PUERTO ESCONDIDO

Siamo in estate quindi perché non segnalare un avvincente articolo sull'avvistamento di un misterioso felino in Messico? Il pezzo, a firma Lorenzo Rossi sul sito denominato Criptozoo, potete leggerlo a questo link.
Interessanti le considerazioni iniziali sul periodo in corso e su eventuali (e forse prevedibili) segnalazioni di famigerate pantere che poi non sono altro che gatti domestici.
Possibile?
La belva è ancora libera. Ne sono sicuro.
Buona lettura.

giovedì 28 luglio 2011

“PERSINO CHI NON LO CONOSCE È IN GRADO DI COMPRENDERE INDIRETTAMENTE L'ORRORE COSMICO”: INTERVISTA A MICHELE BOTTICELLI

Dopo la segnalazione (e il relativo apprezzamento) dello Short Animation Movie, dedicato a una dei racconti più controverse di H.P. Lovecraft, “At The Mountatin Of Madness”, ero davvero curioso di conoscere la genesi di quest'opera e soprattutto l'uomo dietro al progetto: Michele Botticelli. Cognome impegnativo ma grandi capacità personali per questo artista del Sud (Foggia) che in pochissimo tempo ha risposto esaustivamente a una serie di domande che gli ho inviato. Ringraziandolo infinitamente per la cortese disponibilità, auguro a tutti una buona lettura, magari rispolverando qualche racconto di Lovecraft nel periodo delle vacanze e dando una chance ai lavori lovecraftiani (e non solo) di Botticelli sul suo Canale You Tube dove da poco è disponibile il nuovo cortometraggio intitolato “Purification”. Take care!

Prima domanda a bruciapelo: perché uno short movie animation su “At The Mountain of Madness” di H. P. Lovecraft? Quali le motivazioni di questa scelta?

At The Mountaint Of Madness è stato il nostro terzo cortometraggio “lovecraftiano”. I primi duesono stati Nyarlathotep e Dagon. La conclusione di questa effettiva trilogia doveva per forza essere epica e imponente quanto l’omonima storia di Lovecraft. La realizzazione del film, infatti, è stata molto lunga e faticosa (durata un anno intero), ma alla fine crediamo ne sia davvero valsa la pena.

Mi piacerebbe conoscere alcuni particolari del suo percorso di artista ad uso dei lettori del blog che ancora non la conoscono...

Produco cortometraggi amatoriali da quando ero giovanissimo di età. Il mio lavoro più maturo e artisticamente impegnato è iniziato nel momento in cui ho avuto l’idea di creare un cortometraggio di animazione in 3d, così da ottenere quella libertà di rappresentazione che invece la telecamera non riusciva ad offrire.

In tempi recenti un famoso cineasta come Guillermo Del Toro non è riuscito a organizzare una riproposizione filmica dell'opera del Solitario di Providence. Lei insieme al disegnatore Leonardo Manna con pochi mezzi e tante idee è riuscito a creare un lavoro che sta suscitando grande attenzione sul web e non solo. Come si spiega questa cosa?

Il buon Gullermo Del Toro ha avuto la coraggiosa idea di trasporre una storia particolarmente ostica da un punto di vista commerciale sul grande schermo. Calcolando il budget altissimo per la realizzazione di questo colossal horror (oscuro, ambientato nel passato e senza love story, a detta di Del Toro), è perfettamente comprensibile che alla fine i problemi di produzione si siano fatti sentire. Noi invece, senza problemi di budget o finanziari abbiamo avuto soltanto la nostra pura volontà a permetterci di andare avanti.

Mi piacerebbe conoscere il processo creativo e organizzativo che ha portato alla creazione del cortometraggio...

Da sceneggiatore ho iniziato leggendo più volte il racconto. Una volta stabiliti i passaggi più importanti (e quelli da tagliare) si è proceduto alla scrittura della sceneggiatura. Il ritmo della storia è stata adattata a quella del mezzo filmico. Infatti è possibile notare come la storia del film inizi a metà di quella del racconto originale e proceda avanti nel tempo, chiarendo il passato attraverso dei flashback. Il finale del film è totalmente originale e l’idea ci è venuta proprio verso la fine dei lavori (nella sequenza finale compaiono numerosi omaggi ad altre storie di Lovecraft).

Secondo lei perché, a distanza di tempo, le opere di Lovecraft affascinano ancora cineasti e romanzieri e soprattutto perché è così difficile riproporre i suoi racconti attraverso il linguaggio cinematografico o fumettistico?

Lovecraft ormai ha un impatto fortissimo sull’immaginario comune. Persino chi non lo conosce è in grado di comprendere indirettamente cosa sia l’orrore cosmico o quello degli abissi marini popolati da creature tentacolari. Il cinema fantastico attuale è pieno di citazioni del maestro, i suoi meriti sono dunque tantissimi e continuano ad ispirare chi ha volontà di esplorare gli antri più bui dell’universo e di noi stessi.

Che cos'è la Cthulhu Films? È specializzata soprattutto nella riproposizione di opere lovecraftiane (c'è anche un cortometraggio intitolato “Dagon”) oppure è un progetto ad ampio raggio?

Usavamo questo nome quando producevamo cortometraggi horror in un team work molto più affiatato di quello che abbiamo adesso. La nostra produzione passata include la sopracitata trilogia Lovecraftiana (Nyarlathotep,Dagon,At The Mountatin Of Madness), il video tributo A Lovecraft Dream, e la miniserie fantascientifica-horror Purification. Al giorno d’oggi mi trovo a collaborare solo con un paio di amici, ma principalmente mi sento un artista indipendente, senza il bisogno di inserirmi in un team di lavoro. La Cthulhu Films rimane principalmente un simbolo del mio passato artistico.

Un film e un libro che l'hanno colpita di recente?

Ubik di Philip Dick, è una storia epica dai toni metafisici, di cui ho ritrovato alcune atmosfere e tematiche nell’ultimo film di Nolan: Inception

In un commento su You Tube lei dice: “Ho dedicato a Lovecraft fin troppa attenzione. Attualmente preferisco sperimentare su altro”. Quali sono i suoi progetti futuri? Ci sarà ancora spazio per l'Horror letterario?

Confesso che rimanere ancorato nel mondo di Lovecraft ha avuto un impatto non indifferente sulla mia vita personale. Al giorno d’oggi sono molto lontano da tutto ciò, e il mio cammino artistico prosegue su vie del tutto nuove, molto più intime e filosofiche. Il mio ultimo lavoro è stato un cortometraggio girato dal vivo, rappresentante una simbolica ricerca della verità universale: Fasi. Lo trovate nel mio canale You Tube. Attualmente invece lavoro ad un corto d’animazione totalmente in 3d. E’ un progetto molto ambizioso, credo sarà completato verso la fine dell’anno.


mercoledì 27 luglio 2011

MEMORIE E ANNIVERSARI

IL 16 luglio del 2008 apriva il Blog IL MONDO DI EDU con questo post.
Sono già trascorsi tre anni e non me ne sono nemmeno accorto. Forse perché tranne rarissimi casi (pubblicazioni, recensioni, riconoscimenti e poco altro) non amo l’auto celebrazione pubblica.
La trovo sconveniente e tutto sommato inutile.
IL MONDO DI EDU per il sottoscritto è stato, soprattutto all’inizio, un mezzo per riscattarmi dalle polemiche che mi avevano investito nel 2008 dopo la partecipazione al prestigioso Premio Scerbanenco con il libercolo “Telepatia con i deceduti”.
Ero ingenuo e sprovveduto e conoscevo davvero poco il mondo editoriale. Come in tutte le cose che faccio, mi buttai a capofitto con la massima convinzione e ne ricevetti in cambio offese, dileggio e pietismo a buon mercato.
Sono trascorsi tre anni da quei giorni convulsi e caotici e molte cose sono cambiate.
Il blog è diventato una sorta "personal magazine" dove con ampia libertà e con nuova passione e convinzione ho scoperto autori italiani e stranieri e mi sono perfezionato in una forma di critica letteraria e musicale che è stata apprezzata da una vasta schiera di case editrici e discografiche, che tutt’ora mi interpellano per pareri e recensioni.
Dal blog sono passato alla Radio con un format (Moshpit) che viaggia a vele spiegate da due anni, con consensi unanimi da parte di ascoltatori e band.
Dalla Radio sono passato alla saggistica e dalla saggistica spero di arrivare verso un nuovo traguardo di qui a breve.
Questo il mio percorso.
Ringrazio sentitamente tutti i lettori e i tanti amici blogger che spesso passano da queste parti e soprattutto le persone che da sempre mi sono vicine e sostengono le mie attività.
Un paio (Adele e Luciano) non ci sono più e a loro soprattutto dedico questo traguardo.
I risultati personali senza la memoria di chi ci ha sostenuto e ispirato sono solo polvere.
Non è stato facile ma sono ancora qui.
Grazie a tutti!
Edu

N.B. Il blog non chiude in estate ma per ovvi motivi sarà aggiornato a singhiozzo. Ma qualche buon post spero di pubblicarlo nei prossimi giorni, caldo permettendo.
Buone vacanze.

martedì 26 luglio 2011

UFO A LONDRA: FAKE O AUTENTICO?

Descrizione del filmato su You Tube:
"Durante un giro turistico a Londra questo ragazzi riprende delle persone che guardano il cielo, e scopre un mondo che non avrebbe mai creduto: UFO, tanti UFO"!
Il video, dalla qualità delle immagini davvero elevata, è stato pubblicato circa un mese fa e ha riscosso enorme attenzione sul web ed è datato 24 Giugno 2011.



Sempre su You Tube è apparso anche questo video che cerca di dare una spiegazione al fenomeno, avvallando, a quanto pare, l'ipotesi UFO.



Infine un ulteriore filmato, preso da un'altra angolazione, che testimonia la presenza di ipotetici UFO nei cieli di Londra, datato ancora 24 Giugno 2011.


Per i più scettici consiglio anche la lettura di questo articolo che, punto per punto, smonta completamente l'ipotesi aliena a favore di un tentativo di Viral Marketing.

N.B. La foto pubblicata in capo al post è tratta da un altro caso di Ufo a Londra datato 2009, di cui potete leggere qui

venerdì 22 luglio 2011

CLANASH FARJEON – I VAMPIRI DELL’11 SETTEMBRE (GARGOYLE – 2011)

Dopo gli eventi tragici e apocalittici dell’11 Settembre, il corso della storia dell’uomo è cambiato radicalmente, non solo a livello di politica estera e di percezione del terrorismo globale, ma soprattutto come coscienza del male.
L’uomo moderno ha visto in Tv (il “Moloch della fine” da sempre ipotizzato da Alan D. Altieri) l’apocalisse, il fumo, le fiamme, i cadaveri che si schiantano, le urla, i pianti le preghiere (e qualcuno anche la forma allungata del Demonio tra le nubi ardenti che solcavano le Twin Towers, rimanendo nel campo dei Miti Metropolitani) e ha compreso quanto le visioni e le interpretazioni religiose possano essere autentiche e infinitamente terribili:

Ecco, viene sulle nubi e ognuno lo vedrà;
anche quelli che lo trafissero
e tutte le nazioni della terra si batteranno per lui il petto
(Giovanni, Apocalisse 1-7)

Facile interpretare la “Babilonia caduta”, descritta da Giovanni in una tremenda visione di fuoco e morte, con la New York dell’11 Settembre.
Facile osservare uno spettacolo di orrore e sangue così scioccante e perdere in un solo colpo la razionalità (scudo fragile del Ventesimo Secolo, demolito definitivamente nel Ventunesimo) come appiglio sicuro dalla follia e dal patetismo e ripiombare nell’abisso della visione dell’inferno sulla terra.
L’arte tout court è da sempre legata a doppio filo con il tema dell’ Apocalisse.
Su due piedi mi vengono in mente le visioni infernali di Gustav Dorè (anche lui un medium dell’11 Settembre?) oppure romanzi post-traumatici come “L'uomo che cade” di Don Delillo, “La città fantasma” di Patrick McGrath e anche “Black Magic Woman” del nostrano Danilo Arona, ristampato da poco per Kipple Officina libraria.
Clanash Farjeon, (anagramma del nome dell'autore inglese Alan John Scarfe), già autore di romanzi Gargoyle come “Le Memorie di Jack lo Squartatore” (2008) e “I Vampiri di Ciudad Juarez” (2010) si spinge ben oltre, attraversando il trauma del crollo delle Torri Gemelli fino ad ipotizzare una serie di teorie cospirazioniste e complottistiche da parte di un manipolo di burocrati, assetati di sangue umano, capeggiati da George W. Bush.
Mettiamo subito le carte in tavola: il Vampirismo delineato da Farjeon non è quello narrato da una Chelsea Quinn Yarbro, né da una Anne Rice o andando agli albori del genere, da Matheson.
Nessun congrega di non morti dal volto bianco, addobbati con vestiti sgargianti e desiderio di “sedurre” il mondo degli uomini: troppo facile, troppo prevedibile.
Farjeon si è documentato a fondo sulle vicende dubbie e incredibili dell’attacco all’ America da parte di un commando di piloti/terroristi arabi e ha compreso che qualcosa non quadra. Che dietro il castigo biblico dell’ 11 Settembre, da sempre interpretato e decodificato dalle grandi fedi del mondo, c’è un progetto prosaicamente umano: una Loggia Massonica di uomini potenti ai vertici del potere politico e militare del mondo.
Un azzardo?
Non sono solo teorie, buone per scriverci un romanzo pseudo horror. Da sempre, Alfred Miller, storico delle religioni, ha ribadito che George Washington (primo presidente americano) era un Gran Maestro della Massoneria e, dopo di lui, vi furono altri tredici presidenti massoni. Gli ultimi sono stati Harry Truman negli anni ‘40 e Gerry Ford in quelli ’70.
Non solo.
Come scrive Danilo Arona nel mini saggio, pubblicato proprio sul sito di Gargoyle e intitolato “l'11 settembre: fantasmi della mente e letteratura horror”:

George Bush senior sarebbe stato uno dei più importanti esponenti della cricca, date le sue continue partecipazioni a cerimonie segrete sparse un po’ in tutto il mondo, come quella tenutasi a Giza per la celebrazione del millennio. Il figlio, dopo un’incredibile battaglia elettorale sul filo dell’ultimo voto (c’e’ chi ha già scritto centinaia di pagine sul versante ‘magico’ di quella lunga contesa con Gore), ne raccolse l’eredita’, divenendo di fatto il controllore della loggia.


Roba da far rabbrividire l’uomo della strada ma nello stesso tempo, da far gola a molti autori di genere.
Farajon non si limita a costruire un romanzo cospirazionista, denunciando in maniera sistematica e diretta i misfatti di Bush, Cheney, Condoleezza Rice etc (non anticipo nulla per non guastare la lettura), ma da una sua interpretazione del tema del Vampirismo legato a forme di potere deviate e società segrete capitanante da individui subdoli e tutto sommato ridicoli.
Leggendo i “Vampiri” delineati da Farjeon/Scarfe mi è subito venuta alla mente una spiegazione del vampirismo (quello presunto come vero!) ad opera del prelato italiano Giuseppe Davanzati (autore di un trattato sui vampiri nel ‘700), e citato nel saggio di Massimo Introvigne “La Stirpe di Dracula” (1997). La verità, secondo il dotto religioso, è che i Vampiri non appaiono affatto ma semplicemente sembra che appaiano solamente alla fantasia umana:

“Per Isciogliere, e schiarire questo fenomeno non vi è d’uopo più ricorrere in cielo per i miracoli, né all’inferno per i demoni, né sulla terra per invenirne cagioni, né molto meno vi è mestieri ricorrere a’ Filosofi per consultarne i loro sistemi La vera causa di queste apparenze, che brama di trovarla, non altrove la potrà trovare, che in se stesso, e fuori di se stesso non la troverà giammai: la vera unica cagione de’ Vampiri è la nostra fantasia corrotta e depravata”.

I vampiri di Farjeon, non sanno di esserlo, e vivono le loro esistenza “corrotte e depravate” in un turbine di vizio e colpa, superficialità e vuoto pneumatico.
I loro denti insanguinati sono metafora lampante e terribile di una classe politica che (anche in Italia!) da secoli sta vampirizzando le risorse e le forze dinamiche dell’uomo comune.
I vampiri di Farjeon, nati dalla fantasia “patetica” descritta da Davanzati, hanno nel ventunesimo secolo parvenza fin troppo reale.
Come si dice in gergo: “La Fantasia ha superato la realtà”.


martedì 19 luglio 2011

È NATA LA PYRA EDIZIONI

Di Giuseppe Tararà,di Pyra Edizioni e di Editoria Digitale ne avevano già paralto in questo post abbastanza recente.

Sono molto lieto di comunicare a tutti la nascita ufficiale di Pyra Edizioni, tramite un comunicato stampa inviatomi dallo stesso Giuseppe a cui auguro un forte in bocca al lupo.


Salve a tutti,

ho pensato per tanto tempo alla scrittura di questo post, ma alla fine ho pensato di fare un comunicato dallo stile semplice ed asciutto che ho sempre preferito.
Oggi 18 luglio 2011 è stata ufficialmente registrata alla camera di commercio la Pyra edizioni di Tararà Giuseppe.
Nei prossimi giorni sarà costruito un sito ufficiale e vi saranno dati i contatti ufficiali della PYra Edizioni (fin ora avevo utilizzato i miei contatti personali); le attività di cui si occuperà saranno l'edizione di libri in formato digitale (narrativa, saggi, libri di testo, manuali, ecc), in futuro anche l'edizione di quotidiani e riviste sempre in formato digitale.
La nostrà priorità sarà quella di fornire al publico un prodotto editoriale di qualità sia nella forma che nei contenuti, con edizioni che vanno da un interesse generale diffuso ai prodotti più specializzati il tutto mettendo la massima cura che merita la nostra grande passione.
Ringrazio dal profondo del mio cuore tutte le persone che mi hanno aiutato e appoggiato in questa avventura, un avventura innanzitutto profondamente umana per il valore delle persone che sono state coinvolte; innanzitutto la mia famiglia e i miei amici, che mi sono stati vicini, poi ringrazio tutti i professionisti (editor, impaginatori, autori ecc) che hanno collaborato con la Pyra Edizioni a cui devo tanto sull' aquisizione delle abilita e conoscenze necessarie in questo mestiere; e infine ringrazio a tutti voi, che mi avete sostenuto, appoggiato, consigliato e seguito in tutti questi mesi.

Grazie a tutti.

Giuseppe Tararà: Pyra Edizioni


sabato 16 luglio 2011

ALLE MONTAGNE DELLA FOLLIA


Ieri si parlava de "La Cosa" di John Carpenter e del prequel programmato per Ottobre 2011.
Vi dirò: sono anni che associo consapevolmente il capolavoro del regista americano con "Le Montagne della Follia" di H.P. Lovecraft.
Mi direte: sbagliato! Il film di Carpenter è già un remake de "La Cosa da un altro Mondo" di Christian Nyby, datato 1951.
Io rispondo: giusto, è così!
Eppure nessuno mi toglie dalla testa che senza il racconto di Lovecraft, ambientato guarda caso tra i ghiacci del Polo Sud, ove dimorano entità "dormienti" proveniente da altri mondi, questi due capolavori del cinema horror difficilmente esisterebbero nella forma che conosciamo.
Ipotesi...
Intanto, continuando a parlare di ghiacci e di mostri, sembrava previsto per il 2013 il rifacimento cinematografico "At The Mountain Of Madness", diretto da Guillermo Del Toro e con protagonista Tom Cruise! Ebbene di questo ambizioso progetto si sono perse le tracce, per la mia assoluta disperazione.
Qui troverete un articolo esaustivo sul progetto, morto o meno.

Ma come ogni weekend vi consiglio qualche filmato da vedere!
Stavolta la ricerca è stata davvero proficua e sono riuscito a reperire su You Tube uno short animation movie di 33 minuti intitolato, niente popò di meno che: "At The Mountain Of Madness".
Per ora consoliamoci con questo filmetto in attesa di buone nuove.
A lunedì e buon weekend a tutti!

mercoledì 13 luglio 2011

LOVECRAFT IN ITALIA!

Riemergo dal caldo infernale della mia Sarno per segnalare un video che mi ha davvero incuriosito e affascinato. Si tratta di un documentario disponibile interamente su You Tube intitolato "H.P. Lovecraft: ipotesi di un viaggio in Italia", pubblicato dalla Studio Universal.
In realtà non è chiaro se le teorie ampiamente spiegate nel documento siano di pura fantasia oppure abbiano qualcosa di vero. Inoltre ho notato che alcune scene sono tratte dal noto mockumentary italiano "Road to L", film diretto nel 2005 da Federico Greco e Roberto leggio, dove, appunto, si narrava di un ipotetico viaggio dell'autore di Providence nel Nord Italia e del suo incontro con le ombrose tradizioni del Delta del Po'.
Insomma si gioca molto tra fiction e realtà.
Ma di sicuro è un documentario assolutamente da vedere.
Infine ringrazio sentitamente Violange per avermi fatto ricordare questo video attraverso un suo ottimo commento.
Di seguito "H.P. Lovecraft: ipotesi di un viaggio in Italia" diviso in tre parti:






martedì 12 luglio 2011

lunedì 11 luglio 2011

IL TEX A COLORI DI BRUNO BRINDISI

Il disegnatore “dylaniato” (almeno per il sottoscritto) Bruno Brindisi è sempre di casa sul blog IL MONDO DI EDU.
Dopo averlo intervistato durante la kermesse salernitana del Fumettour nell’Ottobre del 2009, l’occasione, stavolta, è davvero ghiotta: sta per uscire in edicola, esattamente il 5 Agosto, “Color Tex” l’attesissimo Tex a colori disegnato dal prode Brindisi con testi di Mauro Boselli.
Un’uscita che più estiva non si può.
Come scrive Bonelli sul sito ufficiale si tratta di “una nuova collana annuale dedicata al Ranger più famoso del mondo del fumetto. Per celebrare adeguatamente questo storico esordio, l'avventura (160 pagine, interamente in "technicolor"!) non poteva che essere un po' speciale. Mauro Boselli, lo sceneggiatore dell'albo, ha pensato di tessere una trama dallo schema tradizionale, che permettesse al disegnatore, Bruno Brindisi, di sfoggiare la sua bravura e che coinvolgesse tutti e quattro i pards. Ma, a uno di loro, Boselli ha riservato un tragico destino... “
A questo punto è d’obbligo coinvolgere Bruno in una mini intervista e il fumettista salernitano non si è assolutamente tirato indietro.
A voi il resoconto:

Salve Bruno. Com’è stata la gestazione di “Color Tex”?

Ci ho lavorato più di un anno, speravo in una colorazione diversa, ma ha prevalso la linea tradizionale, quella essenziale già vista sugli albi a colori di Repubblica, che questa nuova collana vuole idealmente proseguire.

Parliamo della storia creata da Boselli…

La lunga storia, 160 pagine, parla di una vendetta ai danni di Carson da parte di un antico nemico a distanza di vent'anni, infatti il titolo di lavorazione era appunto "Vendetta". Si parte con un lungo flashback che vede Tex giovane appena entrato nei Rangers al fianco di un Carson ancora di pelo nero, poi si torna nel presente con la consegna di un inquietante telegramma a Tex in cui gli viene annunciata la morte del suo fido pard. E lui si recherà sul luogo della sua sepoltura indiana, una scena che spero vi faccia venire i brividi nonostante il caldo.

Come ti senti ad aver lavorato al nuovo progetto editoriale di un mito del fumetto come Tex Willer?

Inutile che ti dica quale onore sia per me inaugurare una nuova collana del Tex, con il numero 1 sulla costina come Galep!

Di seguito alcune tavole tratte dall’albo:

sabato 9 luglio 2011

HEAVY BONE RACCONTA LA STORIA DEL METAL: RECE + INTERVISTA A ENZO RIZZI


- Heavy Bone racconta la Storia del Metal – Enzo Rizzi (Aaron Works – 2010)

Mentre leggevo l’ennesimo controverso e avvincente lavoro del fumettista metallaro Enzo Rizzi dal titolo emblematico di “Heavy Bone racconta la Storia del Metal” mi tornava alla mente una famosa citazione (che ho usato anche su “Horror Rock. La Musica delle Tenebre”) del critico musicale britannico Gary Herman che nel saggio “Rock Babilonia”, pubblicato nel 1982 e tradotto da Danilo Arona per Marco Tropea Editore ne 2001 così definiva un certo immaginario legato al mondo del Rock duro:

“È interessante notare che stile e atteggiamenti dell’Heavy Metal scaturiscono in realtà dalla cultura omosessuale. I completi di cuoio, pieni di catene e di borchie, i corpi tatuati e le pose da musicisti, fondamenti dello stile metal sono stati tutti copiati dal mondo dell’omosessualità maschile roba da duri più o meno. Neppure gruppi rock come i Led Zeppelin, i Ted Nugent o i Rush, famosi per l’ostentazione sfrontata dei loro peni, potrebbero essere descritti come maschilisti al punto di reggere il confronto di complessi come Judas Priest, Saxon Mototrhead o Iron Maiden. Infatti l’ultima ondata di gruppi heavy metal si è spinta al di là di un’altezzosità tutta maschile per sfociare in una misoginia senza veli. Non sorprende trovare nei repertori di tali gruppi brani che inneggiano alle virtù della violenza sulla donna, oppure il tentativo di elevare il malfamato squartatore dello Yorkshire, Peter Sutcliffe, al rango di eroe popolare.”

Ho subito pensato che questa dovesse essere la reale motivazione che ha spinto uno zombi/serial killer a massacrare tutti gli eroi tragici della storia del rock duro. Il Metal come genere sopra le righe, che gioca troppo (e male) con i simboli più controversi della cultura umana: il sesso e il diavolo. Una miscela esplosiva che secondo l’autore Enzo Rizzi, può addirittura arrivare a mettersi in competizione con le forze infernali (quelle vere!). E allora ecco che arriva Heavy Bone, figlio di Lucifero, a rimettere a posto le cose. Solo che c’è un vecchio detto che è sempre attuale: “Chi disprezza vuol comprare”.
Il repellente non morto, cacciatore di rockstar, si lascia traviare dalla potenza delle chitarre e dal fascino maledetto del musicista rock e in un certo senso diviene un’icona involontaria. Da una parte continua il suo lavoro, dall’altra pian piano sta prendendo il posto degli eroi che uccide. Un paradosso bello e buono che come sempre può solo conquistare dalle prime pagine per le sue peculiarità quantomeno inedite.
Dopo aver recensito “Haevy Bone. Diabolus in musica” stavolta tocca a una sorta di prequel al lavoro sopracitato. Rizzi fa raccontare la storia delle più grandi band del Rock e del Metal (tra i tanti Metallica, Megadeth, Guns, Nirvana, Black Sabbath, Slayer e molti altri) al suo fido personaggio, non lesinando particolari scabrosi e notizie degne di un critico musicale.
I disegni (in bianco e nero) sono come al solito accattivanti e riproducono alla grande alcune foto storiche dei gruppi appena menzionati. Insomma una goduria per gli occhi e un’uscita immancabile per ogni appassionato di musica & fumetto.

Non pago di aver letto e commentato “Heavy Bone racconta la Storia del Metal” ho inviato una serie di domande al buon Enzo (che ho conosciuto personalmente al Napoli Comicon di quest’anno – Vedi foto alla fine). L’autore è stato velocissimo ed ecco una chiacchierata diretta e senza fronzoli ( come il Metal!) con il creatore di Heavy Bone. Buona lettura!

Heave Bone e la storia del Rock e del Metal cosa hanno in comune secondo la visione di Enzo Rizzi?

Credo che il trait d'union sia la decadenza.In Heavy Bone la decadenza è rappresentata dal marciume che regna nel suo ventre (dove vivono due bestioline che rispondono ai nomi di "Rock" e di "Roll") nella storia del rock e del metal è rappresentata dai tragici episodi che
hanno caratterizzato la vita di tante rockstar cadute nel baratro della dipendenza dell'alcol e delle droghe e comunque ritengo che il termine "decadente" , nella sua connotazione più negativa, si confaccia all' attuale panorama musicale mondiale, dominato dalle grandi multinazionali della discografia che creano fenomeni musicali usa e getta che niente hanno a che vedere con la competenza, la creatività e la passione di tanti ragazzi che suonano nelle cantine inseguendo il sogno del "primo disco" o di tante band che, in giro da anni,meriterebbero di veder riconosciuti i loro sacrifici e la loro perseveranza con un contratto discografico , appunto.

Nel saggio “Horror Rock. La Musica delle Tenebre” ho inserito Heavy Bone tra gli esempi più fulgidi di commistione tra immaginario horror e musica rock. Secondo il tuo parere Heavy Bone è un autentico personaggio horror rock?

Nella prima storia del volume "Diabulus in Musica" , Heavy Bone frantuma le ossa e maciulla quattro poveri malcapitati giunti presso la sua dimora convinti di incontrare un discografico interessato alla loro proposta musicale...più "Horror Rock" di così.

La contraddizione più grande ma anche la forza espressiva unica di Heavy Bone è quella di riuscire a colpire l’immaginario tipico dell’Heavy Metal tradotto alle masse (chitarre, magliette nere con strani loghi e disegni, capelli lungi, groupies, droga e musica ad altissimo volume), allo stesso celebrandolo nei modi che nessuno finora si è sognato di fare. Sei d’accordo con la mia disamina o manca qualche altro elemento?

No...credo che la tua disanima sia perfetta! Tutti i riferimenti all'immaginario rock presenti nel mio fumetto sono una celebrazione dello stesso universo rock.

Toglimi una curiosità: perché il tuo personaggio è un killer di rockstar? In un certo senso potrebbe tranquillamente passare dall’altra parte della barricata vista la sua fisicità e la sua estetica tipicamente metal…A chi ti sei ispirato nella creazione del personaggio?

E' un killer di rockstar perchè è obbligato ad esserlo...ma col tempo ha finito col compiere anche un percorso che lo ha avvicinato alla musica, attraverso la quale, pur essendo un non-morto, riesce a provare delle emozioni. Per quanto riguarda la creazione del character, come hanno scritto sulle pagine di "XL di Repubblica", possiamo considerarlo come un incrocio tra Lobo e Gene Simmons....con un face-painting che paga il suo tributo al Corvo e ad Alice Cooper, mentre i capelli da albino sono il mio tributo al grande Johnny Winter.

Spesso affronti in modo ironico e violento la dipartita dei grandi miti del Rock. Il tuo è un tentativo di decontestualizzare la tragicità (a volte eccessiva) di quegli eventi oppure c’è altro?

Il tempo ha trasformato le rockstar decedute tragicamente in icone, ciò mi permette di affrontare l'argomento senza urtare la sensibilità dei loro fan.

Parliamo di Enzo Rizzi come fumettista: mi piacerebbe conoscere la tua storia, gli artisti che ti hanno influenzato e soprattutto quei dischi che sono entrati prepotentemente nell’immaginario del tuo personaggio chiave…

Sono sempre stato attirato dai fumetti horror della "EC Comics" e dai fumetti neri italiani come "Sadik" e "Kriminal" senza tralasciare i classici "Zagor", "Mister No", "Dylan Dog" e poi gli insuperabili "Preacher", "Hellblazer" "Sin City" ed "Hellboy". Per quanto riguarda gli ascolti, direi i classici del rock e del metal (ma il mio punto di partenza fu la scena di Los Angeles nel 1982).

Enzo Rizzi sarà sempre e solo Heavy Bone o ci saranno altri personaggi nel tuo futuro artistico? Il Rock farà sempre parte della tua arte?

"Heavy Bone" ha ancora molto da raccontare...spero che le vendite dei volumi siano tali da permettermi di continuare questa avventura. Al momento il mio editore "NPE" mi consente di essere al lavoro non su uno ma addirittura su due nuovi volumi quindi...la "Heavy Bone invasion" è appena iniziata...eheheh! E si, nel cassetto c'è un nuovo personaggio , "Zartana", un horror-western tanto per cambiare strettamente legato...al blues!

Mi piacerebbe avere una tua opinione sul mondo del fumetto. Come va il mercato secondo te? La crisi ha colpito anche il fumetto oppure gli appassionati tengono ancora in vita la scena?

Il mondo del fumetto è in crisi, una crisi che oramai da anni sta cercando di contrastare proponendo non più serie di lunga durata come accadeva un tempo ma diverse miniserie, così da invogliare il lettore ad iniziare la classica collezione che, proprio perchè composta da pochi numeri, seguirà sino alla fine. Se poi invece pensiamo che è lo stesso fumetto in crisi a risollevare le sorti della cinematografia mondiale (pensiamo a tutti i film campioni di
incasso degli ultimi anni tratti dai fumetti)...ci troviamo in una situazione al limite del paradossale.

L’immancabile ultima domanda: i progetti futuri di Enzo Rizzi e (se possibile) qualche anticipazione per IL MONDO DI EDU…

Come ti ho già accennato i prossimi passi saranno i due volumi "La Storia del Rock" e "Woodstock:Highway to Hell". Grazie per lo spazio che mi hai concesso , è stato per me un onore essere intervistato sul tuo Blog. Un saluto ai tuoi lettori e...Stay Heavy(Bone)!

mercoledì 6 luglio 2011

IL MIO NOME E’ REMO WILLIAMS – GUY HAMILTON (1985)

Titolo Originale: Remo Williams
Regia: Guy Hamilton
Attori: Fred Ward, Joel Grey, Kate Mulgrew
Genere: Thriller/Avventura
Paese: USA, 1985

Sinossi
Remo Williams, poliziotto di New York, dopo una procurata morte apparente, entra a far parte di un'organizzazione segreta del governo. Dopo una plastica facciale, una nuova identità e l'addestramento di Chiung , maestro coreano di Sinanju, si mette sulle piste di trafficanti d’armi totalmente corrotti.

Considerazioni
Basato sulla collana di romanzi thriller di Warren Murphy e Richard Sapir dal titolo di “Destroyer”, questo filmetto degli anni ’80 mi ha piacevolmente riportato indietro nel tempo. Ricordo che dopo la visione di “Il mio nome è Remo Williams” in prima visione (e prima serata) su Italia 1 (quando passava un sacco di bei film e non le cazzate di adesso), il giorno dopo tentai di camminare su una ringhiera sottilissima ad un’altezza di oltre quattro metri per eguagliare la bravura di Remo. Ovviamente fallii miseramente facendomi molto, molto male.
Il bello della pellicola di Guy Hamilton (007 – Missione Goldfinger, Delitto sotto il sole, Assassinio allo specchio) è proprio questo: invogliare lo spettatore a superare i propri angusti limiti corporei (e gli insegnamenti di Chiung, a distanza di anni, sono ancora convincenti) per abbracciare nuove consapevolezze e spalancare nuovi orizzonti sensoriali.
Ovviamente ci troviamo in pieno edonismo da anni ’80 e certi messaggi erano all’ordine del giorno un po’ per eccentricità un po’ per reale convinzione.
Ma devo ammettere che a distanza di anni rivedere il brutto ceffo di Fred Ward (ricordiamolo in capolavori assoluti come I Guerrieri della Palude Silenziosa di Walter Hill o Fuga da Alcatraz di Siegel) mentre tenta di arrampicarsi su una ruota panoramica o affrontare alcuni nemici su degli altissimi ponti da lavoro, durante il restauro della Statua della Libertà è roba da batticuore per uno che come me soffre di vertigini. Ebbene sì lo confesso: ho le vertigini da anni. E se vedo una persona sporgersi da un balcone altro tre piani mi paralizzo all’istante.
Eppure questo film mi ha ricordato tanto della mia vita. Perché pur avendo dei problemi ho sempre cercato l’avventura in ogni su forma: ho scalato colline brulle e scivolose, mi sono arrampicato su desolate torri medievali, ho attraversato boschi di notte e solitarie montagne di giorno, tutto per dimostrare a me stesso che i limiti umani posso sempre essere superati se c’è davvero volontà di farlo.
“Il mio nome è Remo Williams” capita proprio a proposito in un periodo in cui sento forte il richiamo della natura e dell’avventura lontano dalle comodità e dalle puerili giustificazioni borghesi (celate bene attraverso un - falso - anticonformismo da web).
Rivederlo dopo anni è stato un segno del destino.
Remo Williams, ironico e improbabile eroe televisivo degli anni ’80 è ancora qui a dimostrarci che se lo desideriamo sul serio, c’è ancora una strada da percorrere, scoscesa e pericolosa, attraverso la quale possiamo davvero conoscere chi siamo realmente e dove stiamo andando.

lunedì 4 luglio 2011

UN UFFICIO DI ALTRI TEMPI

Era da tempo che volevo farlo e alla fine dopo molte giornate di lavoro (aka rottura di schiena) ci sono riuscito: da oggi Lunedì 4 Luglio ho un nuovo ufficio!
L’ho assemblato nel garage con materiale vecchio e riciclato. Quindi non aspettatevi qualcosa in stile Ikea come nella foto sopra…Siete fuori strada!
Ecco alcuni elementi peculiari del mio “ufficio di altri tempi”:

- Scrivania costruita dal sottoscritto con vecchie assi di legno e mobili riciclati.
- Armadietto adibito a libreria giuridica
- Salottino adibito alla lettura comprendente due poltrone e un tavolino in paglia con annesse vecchie riviste di arte,mistero, cultura, musica, storia (roba che era sepolta in scatoli polverosi da anni…)
- Computer RIGOROSAMENTE senza internet e SOLO per scrivere.
- Panca per gli addominali
- Mountain Bike pronta per passeggiate serali all’aria aperta
- Luce naturale o in alternativa vecchie candele anche se preciso ho l’energia elettrica ma non voglio abusarne.
- Silenzio, silenzio, silenzio, silenzio, silenzio.

Ovviamente ci sono cose che renderebbero ancora più confortevole il mio nuovo studio. Penso ad es. a un frigo per vivande varie oppure alla libreria di saggistica e narrativa che ho in casa ma sarebbe il tutto troppo confortevole e io NON VOGLIO le comodità.
Voglio concentrazione, voglio muovermi, voglio vivere, lavorare, studiare e riflettere senza distrazioni.
Per i prossimi mesi (diciamo fino a Ottobre) sono a posto. Con l’entrata della stagione fredda, forse dovrò organizzarmi con qualcosa per il riscaldamento ma ho già adocchiato la vecchia stufetta a carbone di mia nonna che potrebbe fare al caso mio. Il suo inconfondibile odore mi riporta indietro nel tempo e già mi fa sognare deliziose giornate invernali, trascorse a riassaporare il passato.
Finalmente ho la mia isola di pace.

venerdì 1 luglio 2011

LA FESTA DI ORFEO – JAVIER MÁRQUEZ SÁNCHEZ (GARGOYLE – 2011)

Di Horror spagnolo c’è sempre un gran parlare soprattutto tra gli appassionati: basti pensare al cinema, con pellicole acclamate da critica e pubblico come Rec, Darkness, The Orphanage, La Hora Fria e tante altre.
Per quanto riguarda la narrativa come non citare la saga “zombesca” di Manuel Loureiro con “Apocalisse Z” e “Apocalisse Z. I Giorni oscuri”, quest'ultimo pubblicato di recente da Editrice Nord, sta riscuotendo un successo mondiale, davvero insperato.
Nel solco di questi lieti eventi si inserisce anche questa nuova proposta Gargoyle, dal titolo “La Festa Orfeo”, ad opera dello scrittore iberico Javier Márquez Sánchez.
Stavolta, non ci imbatteremo in figure archetipiche moderne come gli Zombie o prosaicamente ancestrali come fantasmi e case infestate, ma in una storia legata a doppio filo con una impetuosa e oscura trascendenza.
Non poteva che essere uno scrittore “latino" Sánchez con tutti i suoi richiami al maligno e al suo forte potere di seduzione ma anche di distruzione.
Basta prendere in considerazione l’incipit del libro ambientato nel 1956 a Longtown, alla frontiera scozzese. Un strage dall’inconfondibile volto satanico: un prete crocifisso e torturato sull’altare, croci rovesciate, bambini massacrati e sangue a fiumi.
In questa prima parte l’autore spagnolo sembra quasi “giocare” con un mito metropolitano molto vecchio ma anche molto temuto: quello dell’omicidio ispirato dal Diavolo.
Come scrive Danilo Arona nel suo saggio “Possessione Mediatica” (Tropea, 1998):

“Esiste un’esigenza di essere posseduti. Se poi la figura che balugina al di là dell’ossessione è il Diavolo, il passaggio dalla possessione medianica a quella mediatica (fra poco ci arriveremo…Ndr.) è facilitato e reso automatico in virtù da un lato della forza coercitiva degli archetipi, dall’altro di quella dei media”.

Quale archetipo affascina e insieme ispira azioni innominabili, più di quello del Diavolo? Nelle società culturalmente cattoliche (Spagna, Italia, Messico etc:) è fuori discussione che la figura dell’antagonista compaia spesso e volentieri sulle scene del crimine più assurde e violente (invero a volte anche citato a sproposito).
Nel breve saggio, disponibile on line, “Il Satanismo sulla scena del crimine” di autori vari così viene definito l’omicidio satanico:

“Molti specialisti chiamano in causa la pista satanica sulla base dei livelli di crudeltà o di bizzarria messi in mostra durante il crimine, come se nell’essere umano, in quanto tale, non albergasse al suo interno già di per sé abbastanza ferocia. E allora, da quanto detto diventano possibili indicatori di satanismo la presenza di mutilazioni corporee, di amputazioni, l’evidenza che sia stato bevuto del sangue e/o che qualcuno si sia cibato con la carne della vittima, l’utilizzo di urine o feci, ecc.”

Insomma c’è già di che rabbrividire solo leggendo le prima pagine de “La Festa di Orfeo” che sembra davvero riesumare gli incubi più sanguinari della follia umana
Fortunatamente ci sono anche altre chiavi di lettura del romanzo. Uno delle più importanti (e direi fondamentali) è quella del cinema.
Sànchez costruisce una linea narrativa a due binari: da una parte l’indagine a tutto tondo dell’Ispettore Andrew Carmichael e del suo fedele compare Harry Logan, dopo la strage di Longtown. Dall’altra il battesimo del fuoco del noto attore britannico Peter Cushing con i temi del perturbante e del terrore alla vigilia della sua partecipazione (molto sofferta) al suo primo film horror: “The Curse Of Frankenstein”, diretto da Terence Fisher.
Sembrano due storie distinte e separate ma in comune hanno un tassello non indifferente: la dualità magica e ambigua del grande schermo.
Se nel primo caso il cinema diventa fonte di maledizione e di morte violenta con il mito (anche questo diffuso nella realtà, vedi pellicole controverse come “L’Esorcista” o “Poltergeist”) del "film maledetto" (una pellicola risalente agli anni del Cinema Muto dal titolo “La fête du Monsieur Orphée”) che strizza l’occhio al Carpenter di “Cigarette Burns” (Masters Of Horror, 2005), nel secondo caso ci proietta nel passato storico (ricchissimo di citazioni e narrazioni particolareggiate) di una della case cinematografiche più affascinanti e coraggiose del cinema mondiale che con le sue opere ha segnato un’epoca: la Hammer Films.
C’è anche un capitolo affascinante dove l’attore Boris Karloff, ormai vecchio e austero, racconta quasi in trance come la follia del collega Bela Lugosi (il quale ha interpretato il vampiro fino alla morte) sia dipesa dall’aver solo ascoltato storie al lume di candela sulla pellicola francese che uccide i suoi spettattori. In tal caso ci troviamo nell’ambito della “possessione mediatica” teorizzata da Arona e applicata da Sanchez nel suo romanzo.
Di grande fascino, poi, la parte del libro che riguarda la ricerca del “mood” giusto (legato alla sua parte da protagonista nel film horror di Fisher) da parte di Peter Cushing, il quale lo porterà a incontrare professori bizzarri o oscuri collezionisti del male. Mi fermo qui per non guastare la lettura.
Insomma Javier Márquez Sánchez costruisce un romanzo pauroso e complesso, ricco di suggestioni tra il mito e la realtà, tra il bene (poco) e il male (a fiumi), con uno stile accattivante e cinematografico (e non potrebbe essere altrimenti, vista la ricca galleria di citazioni presenti nel testo).
D’ora in poi la scena horror spagnola ha un'altra freccia (appuntita e velenosissima) al proprio arco.