Il 2 Novembre, tradizionalemente definito, dalle mia parti, come "O' iuorne re muorti" ( Il Giorno dei Morti) è una ricorrenza densa di significati religiosi, che si fondono con antichi riti e credenze popolari.
Prima di tutto è la festività che la Chiesa cattolica dedica alla "Commemorazione dei defunti".
Ma la festa ha origini antiche, che uniscono paesi lontani ed epoche diverse. La nascita di questa ricorrenza e, soprattutto, la data del festeggiamento, il 2 novembre, non sono casuali.
Questa data sembra riferirsi al periodo del grande Diluvio di cui parla la Genesi. Il Diluvio per cui Noè costruì l’arca che, secondo il racconto di Mosè, cadde nel “diciassettesimo giorno del secondo mese”, che corrisponderebbe al nostro novembre.
La Festa dei Morti nacque dunque in “onore” di persone che Dio aveva distrutto, per esorcizzare la paura di nuovi eventi simili. Da qui in poi la storia, che è ovviamente sospesa tra religione e leggenda, diventa più chiara.
Il rito della commemorazione dei defunti sopravvive alle epoche successive soprattutto nell’antica Roma: il tempo dedicato al ricordo ed alla commemorazione dei morti non era, come oggi, il primo giorno di novembre ma durava un'intera settimana nel mese di febbraio, che era l'ultimo mese del calendario romano ed era il mese della purificazione. Una delle convinzioni tradizionali era che le fave nere contenessero le lacrime dei trapassati ed erano quindi l'alimento più emblematico di questa tradizione. Secondo Pitagora le fave nere celavano al loro interno le anime dei defunti, dobbiamo quindi interpretare il cibarsi di fave come un'ingestione dello spirito dei cari estinti. Le fave nere erano anche utilizzate per diversi rituali: per implorare la pace ai defunti consisteva nello spargere questi legumi sulle tombe; erano anche considerate "scaramantiche" si usava gettarsele alle spalle pronunciando le seguenti parole: "con queste fave, redimo me stesso ed i miei cari".
Durante il periodo dedicato ai defunti si organizzavano veri e propri banchetti che comprendevano le fave nere, esse venivano anche date ai poveri, che le consumavano crude, mentre i nobili le cuocevano con diverse e trazionali ricette con salumi e formaggi
Inoltre svolgevano delle processioni indossando della maschere di cera raffiguranti le fattezze degli antenati defunti.
Un rito che voleva significare la compenetrazione totale tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Non c'era l'uno senza l'altro.
Tutt'ora un motivo ricorrente, nelle tradizioni popolari della festa dei morti, è la credenza che in questo giorno i cari scomparsi tornino a farci visita sulla terra. Per questa ragione, i riti di commemorazione hanno assunto in tutta Italia significati e finalità simili: accogliere, confortare, placare le anime degli avi defunti.
Mia nonna (originaria della Costiera Amalfitana) nella notte tra il 1 e il 2 Novembre, era solita lasciare una brocca d'acqua fuori la finestra o il balcone di casa, in modo che le anime del purgatorio potessero soddisfare la loro sete, almeno per una volta.
Inutile dire che la cosa mi affascinava e mi spaventava a morte.
Inutile dire che la cosa mi affascinava e mi spaventava a morte.
Nascosto sotto le coperte immaginavo un fantasma vestito di bianco, col viso scavato e i capelli corvini sostare fuori dalla mia finestra mentre portava alla bocca la fantomatica brocca.
Figura mirabile e terribile allo stesso tempo.
In Trentino le campane suonano per molte ore a chiamare le anime che si dice si radunino intorno alle case a spiare alle finestre. Per questo, anche qui, la tavola si lascia apparecchiata e il focolare resta acceso durante la notte.
In Piemonte e in Val D’Aosta le famiglie lasciano la tavola imbandita e si recano a far visita al cimitero. I valdostani credono che dimenticare questa abitudine significhi provocare tra le anime un fragoroso tzarivàri (baccano).
Nelle campagne cremonesi ci si alza presto la mattina e si rassettano subito i letti affinché le anime dei cari possano trovarvi riposo. Si va poi per le case a raccogliere pane e farina con cui si confezionano i tipici dolci detti “ossa dei morti”.
In Liguria la tradizione vuole che il giorno dei morti si preparino i “bacilli” (fave secche) e i “balletti” (castagne bollite). Tanti anni fa, alla vigilia del giorno dedicato ai morti i bambini si recavano di casa in casa per ricevere il “ben dei morti” (fave, castagne e fichi secchi), poi dicevano le preghiere e i nonni raccontavano storie e leggende paurose.
In Abruzzo, oltre all’usanza di lasciare il tavolo da pranzo apparecchiato, si lasciano dei lumini accesi alla finestra, tanti quante sono le anime care, e i bimbi si mandano a dormire con un cartoccio di fave dolci e confetti come simbolo di legame tra le generazioni passate e quelle presenti.
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