venerdì 28 maggio 2010

ROBERT McCAMMON - MARY TERROR ( GARGOYLE BOOKS - 2010)

Nel Gotico contemporaneo di sicuro uno spazio ancora poco luminoso lo occupa quel genere/non-genere definito dai critici come “Horror Rock Fiction”.
In America nomi di punta sono Ray Garton, David J. Schow, John Skipp e Graig Spector.
In Italia l’autore che meglio di tutti ha saputo riproporre certi schemi cari al genere di cui sopra, è quel Danilo Arona che tanti di voi avrete trovato spesso su questo blog e che non a caso è un autore Gargoyle ( e non solo…).
Tutto questo preambolo per dire che “Mary Terror” romanzo di Robert R. McCammon, ripubblicato quest’anno proprio dalla casa editrice romana, dopo un oblio durato diversi anni, può essere assolutamente inserito in questa branchia interessantissima dell’horror letterario.
Rock Horror Fiction perché McCammon parte da un contesto storico/culturale ben preciso: gli anni 60.
Per buttarla sul banale, quelli della contestazione giovanile, degli hippie che predicavano il famoso slogan “Peace & Love”, del rock migliore che sia mai stato prodotto e dato in pasto alle masse.
Mary la protagonista, ( una tragedia personale, pesante come un macigno, che le ammorba il cuore) vive quegli anni come una ragazza della “Family” di Manson. Trova il suo guru sanguinario che le fa scoprire la musica dei Doors ( e Morrison è stato capace di aprire molte porte tra cui quelle della follia ci arriveremo…), le droghe allucinogene, una comune di svitati e un disegno di vendetta contro la società americana.
Mary rimane imprigionata in un sogno di libertà e morte come una mosca in una ragnatela. Terrorismo lo chiamerebbe qualcuno. Per la sua mente “alterata” il miraggio di un cambiamento, di “un’età dell’oro” che non potrà mai avvenire.
Tutto si disintegra in poco tempo.
Del resto non potrebbe essere altrimenti. Da sempre la libertà della violenza diventa violenza degli oppressori.
Mary viene sbalzata da una dimensione temporale ad un’altra.
Gli anni 80.
Mantenendoci ancora sul banale, gli anni dell’edonismo, del profitto a tutti i costi, dell’avere che è più importante dell’essere ( come ben diceva Luciano De Crescenzo in “Così parlò Bellavista”, un must degli anni 80 anche questo…), della musica che non spacca e più che altro accompagna (senza coinvolgimenti) l’individuo attraverso il vuoto incedere di un materialismo mai troppo desiderato.
Mary vive ancora il suo sogno.
Ascolta ancora i suoi vecchi dischi ( altri vagano nella sua mente come fantasmi tormentosi): Jefferson Airplane, Crosby, Still Nash & Young, Dylan, i Beatles di Sgt. Pepper etc.
Ma è un ricordo lontano, uno spettro del passato, una visione da venerare come una Madonna o un idolo pagano.
Il conformismo, il desiderio di poterlo ottenere ad ogni costo, le rodono il cervello: soldi, successo, una vita normale e un figlio
Del resto Ellis in American Psycho era stato chiaro.
Se non ottieni le chiavi dell’edonismo ( oggi si chiama Berlusconismo), puoi solo distruggere, affettare, dilaniare, torturare quel mondo che non puoi avere…la deriva degli anni 80 …l’hanno definita.
Mary vive la sua deriva massacrando bambini artificiali e bambole di carne.
Una violenza cieca che è orrore e angoscia.
Che lascia tramortiti e offesi.
Una donna che non ha il suo balocco borghese ( la famiglia perfetta!) e che nella solitudine di un’esistenza in incognito ( è una terrorista ricercata) vive la frustrazione (sanguinaria) di non appartenere al mondo che la circonda.
Una femmina forte fisicamente e ingigantita da una mole che è cibo cattivo e fegato spappolato dal dolore.
Non è la Annie Wilkes di Misery, lo stranoto romanzo di S.King.
Annie vive un sogno/delirio diverso.
Una romantica attrazione verso il non-io, raffigurato nell’eroina di un libro da quattro soldi. Quando l’eroina muore si scatena la follia della non-identità. Si frantuma lo specchio della non- realtà.
L’io di Mary è già frantumato in mille pezzi e non ci sono antidolorifici che possano alterarle i sensi.
E’ una strada verso l’abisso.
Ma dall’abisso del tempo sorge un richiamo antico. Il suo guru la reclama nuovamente. E come tributo alla sua sfuggevole divinità Mary non può scegliere altro che un bambino come uno sciamano di un culto mortifero e ultra secolare.
A chi strapparlo se non al suo alter ego: Laura Clayborne, donna in carriera, famiglia “apparentemente” perfetta e un figlio nato da poco.
Punizione e celebrazione insieme. Una miscela esplosiva.
Inizierà un viaggio allucinato tra passato e presente, tra dolore e odio, tra un afflato di rinascita e un odore pestilenziale di morte e degrado.
Era da anni che non leggevo un romanzo così potente e oscuro.
Una paesaggio storico/sociale che ha ancora troppi legami (non del tutto troncati) con il nostro quotidiano.
Una cosa è certa: McCammon di sicuro saprà risvegliare l’attenzione di quei lettori ormai orfani dei romanzi del migliore King.
Infine una precisazione:
ho letto in internet il giudizio di un critico letterario il quale afferma che “Mary Terror non è propriamente horror”, saltando in tal caso dei paletti stilistici troppo prevedibili.
Mary Terror è horror dalla prima all’ultima pagina.
Mary Terror è l’orrore della realtà.
Di questi tempi la visione più inquietante che l’uomo moderno possa mai sperimentare.
Take care!

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