Claudia Salvatori non le manda certo a dire.
Su questo argomento potrei essere ancora più brutale, perchè lo patisco direttamente ed è una delle mie ossessioni. Viviamo una situazione paradossale: da un lato il carisma artistico (come ogni altro carisma) è stato distrutto; dall'altro lato, ci sono sempre più persone che desiderano diventare scrittori. Viene da domandarsi che cosa si prefiggono, cosa sperano di ottenere, se lo scrittore ha perduto il suo prestigio, il suo ruolo sciamanico di coscienza di una collettività. Il mito dell'artista maledetto nella società borghese deve esercitare ancora un forte fascino; oppure è il mito americano dell'autore di bestseller ad attirare. Fantastichiamo di diventare l'uno o l'altro, e non vogliamo tenere il conto dei costi che la condizione di artista comporta. In ogni modo non vorremmo mai pagare. Come siamo arrivati a questo punto? Nelle strutture sociali del passato, per quanto ingiuste, l'arte era verticale: pochi individui cristallizzavano in sé l'esperienza di un popolo o di una generazione. Era quello che si chiamava vocazione, o destino. Il livello era alto perché molti dovevano rinunciare per permettere a pochi di rappresentare tutti. Oggi abbiamo un'arte orizzontale, dissacrata ma snob, collettiva e cacofonica. Il risultato è un popolo di artisti part-time motivati più che dalla spinta a scrivere (o dipingere, fare film ecc.) dal bisogno di sognare di essere artisti, per fuga, per sofferenza, per problematiche non risolte, per un malinteso obbligo di realizzazione. Le conseguenze: confusione, derealizzazione, impotenza, disperazione, un livello sempre più basso di qualità (perché sforzarci se se siamo già tutti geniali?), lo scontrarsi di tanti immensi ego creativi che reclamano attenzione, dove nessuno è disposto a darne (non esiste più critica letteraria, siamo troppo occupati a essere geniali per imparare dal lavoro di altri). Con tutto questo non c'è maggior giustizia, le pari opportunità per tutti sono ancora un'illusione, e permane una specie di selezione nella corsa al successo, più insidiosa perché i criteri applicati sfuggono, sfumano nell'ambiguità. E il futuro? Forse un giorno non ci saranno più scrittori, ma solo fiction interattive. Oppure avremo una forte rinascita artistica, e in quel caso qualcuno dovrà pur tornare a svolgere lavori "normali e poco gratificanti". Io ci starei, anche se toccasse a me tornare a lavorare.
La colonna sonora di Abel , sorprendentemente, è un solo brano: un tormentone degli anni 70, “Disco Inferno”. Metafora di una massificazione di gusti ormai inarrestabile o semplice ispirazione?
Leggendo il titolo di questa intervista ( e ringrazio vivamente l'Autrice per la gentilezza dimostratami) e le bordate satirico/sociali presenti in "Abel" ( recensito positivamente poco più giù in questo blog) mascherate da Fiction Horror/Thriller, il messaggio che ne viene fuori è quantomeno palese:
si va incontro ad una massificazione di intenti e idee che potrebbe portare verso una strada di non ritorno.
L'isterismo ,l'insoddisfazione, la rabbia, che aleggiano su tutto il mondo editoriale ( e non solo..) sono un campanello d'allarme evidente, chiaro, assordante.
Bisogna guardare dentro le nostre coscienze e chiederci se non siamo noi i primi responsabili di tutto questo.
Se l' Arte ( quella con la A) non stia divenendo (ai nostri occhi) come un panino di Mcdonald o una serata di Ramino.
La Salvatori, con coraggio mirabile, ha lanciato un tema scomodo, controverso, frustrante.
Sta alla sensibilità di ognuno carpirne la parte sana e agire di conseguenza.
Take care!
Partiamo con una curiosità tutta personale: “Abel” è il suo primo romanzo per la collana Epix Mondadori. Una collana tematica dalla distribuzione limitata nel tempo. Quali sono i pregi e i difetti di questo tipo di pubblicazione?
Il pregio è la possibilità di raggiungere un vastissimo numero di lettori su tutto il territorio nazionale, compensato dal difetto di un periodo di distribuzione limitato nel tempo. Le vendite del libro distruibuito a basso costo su questo tipo di mercato sono in media più alte rispetto a quelle dello stesso libro in libreria. C'è da dire che solo in Italia abbiamo questo tipo di separazione fra libri da edicola e/o da libreria. Secondo me queste collane Mondadori sono ottime palestre per professionisti.
Nella recensione allegata a questa intervista ho definito “Abel” come un Horror sociale citando anche altri romanzi del 2009 “inseribili” nello stesso filone. Si trova d’accordo con la mia ipotesi o rivendica una "unicità" del suo prodotto letterario?
Il pregio è la possibilità di raggiungere un vastissimo numero di lettori su tutto il territorio nazionale, compensato dal difetto di un periodo di distribuzione limitato nel tempo. Le vendite del libro distruibuito a basso costo su questo tipo di mercato sono in media più alte rispetto a quelle dello stesso libro in libreria. C'è da dire che solo in Italia abbiamo questo tipo di separazione fra libri da edicola e/o da libreria. Secondo me queste collane Mondadori sono ottime palestre per professionisti.
Nella recensione allegata a questa intervista ho definito “Abel” come un Horror sociale citando anche altri romanzi del 2009 “inseribili” nello stesso filone. Si trova d’accordo con la mia ipotesi o rivendica una "unicità" del suo prodotto letterario?
No, nessuna unicità: le idee sono nell'aria, e le percezioni dei diversi stati di cose appartengono a tutti i creativi con i sensi all'erta. Caso mai, se i colleghi mi permettono un po' di vanità, a volte ho anticipato certe tendenze, come per esempio nel caso del thriller erotico degli anni '90. Abel era nato nei primi anni '90 come progetto per un fumetto. Realizzandolo in forma narrativa, dopo le ultime e più amareggianti nvoluzioni sociali e di costume, ha acquistato più spessore, credo.
Rimanendo in tema sociale ho notato dei messaggi ben precisi che toccano un po’ tutte le problematiche attuali: dalla politica, al gossip, dalla povertà alla corruzione fino al cancro della pedofilia. Possiamo parlare anche di satira sociale (incattivita) per definire “Abel”?
Sicuramente c'è anche questo. Abel è un esperimento verso una fusione di generi: thriller, horror, erotico, commedia, dramma... non ancora la formula esatta, ma un risultato interessante. C'è un'illustre tradizione di fantascienza sociologica, su cui innesto il mio temperamentomoralista. La satira si scatena quando mi trovo alle prese con il nostro mondo e la nostra epoca, come mi è accaduto ne "Il sorriso di Anthony Perkins". Non riesco assolutamente ad affrontare i mostri contemporanei con un tono intimista e commosso. Ci vogliono immedesimazione e indulgenza per amare i mostri contemporanei, e forse a me manca l'umiltà. E' un bene che sia passata al romanzo storico, perché mi permette a mettere in scena personaggi che posso amare e ammirare. Ma d'altra parte questo apre un problema: come realizzare un genere totale al presente senza scivolare (troppo) nella satira?
Il tema della Decadenza umana e dell’Apocalisse sembra essere un topos ricorrente nella letteratura e nel cinema del nuovo millennio. Perché gli artisti come lei sono attratti dalla “fine di tutto”? Semplice intuizione letteraria o qualcosa di più profondo?
Qualcosa di più profondo. E' vero che un sentimento della fine di tutto è sempre stato vissuto a livello di coscienza collettiva, ma non ci siamo mai trovati a vivere una simile situazione storica: crisi energetica, nuove epidemie, paranoia, assenza di futuro per i giovani. Niente più terre da esplorare, niente più Dio, niente più Amore, niente più Arte (siamo tutti artisti adesso, ma non è la salvezza). Viene da pensare che questo pianeta stia per esplodere. Viene da pensare all'estinzione della specie umana, a meno che non si trovi l'aggancio che conduca a una nuova evoluzione.
C’è una parte del libro che mi ha molto colpito. La riporto per intero: “L’umanità di prima, del Pensiero Estremo, ha cercato di farsi simile ai mostri, colpita dall’epidemia di una creatività coatta e maniacale. Oggi, su dieci essere viventi,sette sviluppano aspirazioni artistiche; gli altri tre le svilupperebbero se non soffrissero di scarsa autostima.” Mi sembra una frase “brutalmente” attuale. Le chiedo di commentare…Rimanendo in tema sociale ho notato dei messaggi ben precisi che toccano un po’ tutte le problematiche attuali: dalla politica, al gossip, dalla povertà alla corruzione fino al cancro della pedofilia. Possiamo parlare anche di satira sociale (incattivita) per definire “Abel”?
Sicuramente c'è anche questo. Abel è un esperimento verso una fusione di generi: thriller, horror, erotico, commedia, dramma... non ancora la formula esatta, ma un risultato interessante. C'è un'illustre tradizione di fantascienza sociologica, su cui innesto il mio temperamentomoralista. La satira si scatena quando mi trovo alle prese con il nostro mondo e la nostra epoca, come mi è accaduto ne "Il sorriso di Anthony Perkins". Non riesco assolutamente ad affrontare i mostri contemporanei con un tono intimista e commosso. Ci vogliono immedesimazione e indulgenza per amare i mostri contemporanei, e forse a me manca l'umiltà. E' un bene che sia passata al romanzo storico, perché mi permette a mettere in scena personaggi che posso amare e ammirare. Ma d'altra parte questo apre un problema: come realizzare un genere totale al presente senza scivolare (troppo) nella satira?
Il tema della Decadenza umana e dell’Apocalisse sembra essere un topos ricorrente nella letteratura e nel cinema del nuovo millennio. Perché gli artisti come lei sono attratti dalla “fine di tutto”? Semplice intuizione letteraria o qualcosa di più profondo?
Qualcosa di più profondo. E' vero che un sentimento della fine di tutto è sempre stato vissuto a livello di coscienza collettiva, ma non ci siamo mai trovati a vivere una simile situazione storica: crisi energetica, nuove epidemie, paranoia, assenza di futuro per i giovani. Niente più terre da esplorare, niente più Dio, niente più Amore, niente più Arte (siamo tutti artisti adesso, ma non è la salvezza). Viene da pensare che questo pianeta stia per esplodere. Viene da pensare all'estinzione della specie umana, a meno che non si trovi l'aggancio che conduca a una nuova evoluzione.
Su questo argomento potrei essere ancora più brutale, perchè lo patisco direttamente ed è una delle mie ossessioni. Viviamo una situazione paradossale: da un lato il carisma artistico (come ogni altro carisma) è stato distrutto; dall'altro lato, ci sono sempre più persone che desiderano diventare scrittori. Viene da domandarsi che cosa si prefiggono, cosa sperano di ottenere, se lo scrittore ha perduto il suo prestigio, il suo ruolo sciamanico di coscienza di una collettività. Il mito dell'artista maledetto nella società borghese deve esercitare ancora un forte fascino; oppure è il mito americano dell'autore di bestseller ad attirare. Fantastichiamo di diventare l'uno o l'altro, e non vogliamo tenere il conto dei costi che la condizione di artista comporta. In ogni modo non vorremmo mai pagare. Come siamo arrivati a questo punto? Nelle strutture sociali del passato, per quanto ingiuste, l'arte era verticale: pochi individui cristallizzavano in sé l'esperienza di un popolo o di una generazione. Era quello che si chiamava vocazione, o destino. Il livello era alto perché molti dovevano rinunciare per permettere a pochi di rappresentare tutti. Oggi abbiamo un'arte orizzontale, dissacrata ma snob, collettiva e cacofonica. Il risultato è un popolo di artisti part-time motivati più che dalla spinta a scrivere (o dipingere, fare film ecc.) dal bisogno di sognare di essere artisti, per fuga, per sofferenza, per problematiche non risolte, per un malinteso obbligo di realizzazione. Le conseguenze: confusione, derealizzazione, impotenza, disperazione, un livello sempre più basso di qualità (perché sforzarci se se siamo già tutti geniali?), lo scontrarsi di tanti immensi ego creativi che reclamano attenzione, dove nessuno è disposto a darne (non esiste più critica letteraria, siamo troppo occupati a essere geniali per imparare dal lavoro di altri). Con tutto questo non c'è maggior giustizia, le pari opportunità per tutti sono ancora un'illusione, e permane una specie di selezione nella corsa al successo, più insidiosa perché i criteri applicati sfuggono, sfumano nell'ambiguità. E il futuro? Forse un giorno non ci saranno più scrittori, ma solo fiction interattive. Oppure avremo una forte rinascita artistica, e in quel caso qualcuno dovrà pur tornare a svolgere lavori "normali e poco gratificanti". Io ci starei, anche se toccasse a me tornare a lavorare.
La colonna sonora di Abel , sorprendentemente, è un solo brano: un tormentone degli anni 70, “Disco Inferno”. Metafora di una massificazione di gusti ormai inarrestabile o semplice ispirazione?
Semplice ispirazione, o piuttosto nostalgia. E' stata la canzone di una tagione della mia giovinezza, quando tutto era ancora fresco, vivo e possibile.
Un’altra curiosità: “Abel”avrà un seguito? Sempre su Epix Mondadori?
Abel è stato concepito seriale; spero che ci sarà un seguito, non so quando...
Visto che è un‘Autrice molto prolifica le chiedo di darci qualche anticipazione sulle sue future pubblicazioni?
A fine febbraio uscirà in libreria "Il mago e l'imperatrice", sottotitolo "Il volto nascosto di Messalina", un romanzo storico del ciclo Il romanzo di Roma (Mondadori omnibus).
Un’altra curiosità: “Abel”avrà un seguito? Sempre su Epix Mondadori?
Abel è stato concepito seriale; spero che ci sarà un seguito, non so quando...
Visto che è un‘Autrice molto prolifica le chiedo di darci qualche anticipazione sulle sue future pubblicazioni?
A fine febbraio uscirà in libreria "Il mago e l'imperatrice", sottotitolo "Il volto nascosto di Messalina", un romanzo storico del ciclo Il romanzo di Roma (Mondadori omnibus).
Sono già usciti "Il ribelle" di Emma Pomilio, sulla fondazione di Roma, e "Carthago", di Franco Forte, sulle guerre puniche.
Grazie mille.
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