mercoledì 29 settembre 2010

IL TEATRO DEGLI ORRORI @ PUMMA ROCK FESTIVAL

EVENTO: Pumma Rock Festival - 29/07/2010
LUOGO: Sant'Antonio Abate (Na)
BAND: IL TEATRO DEGLI ORRORI
CONSIDERAZIONI: Il Teatro degli Orrori dal vivo è sempre una garanzia. Finalmente un'ottima occasione per tastare "live" i brani tratti dall'ultimo album "A Sangue Freddo". Prima parte del concerto di chiaro stampo intimista, con la scelta di proporre i brani più lenti e melodici ( ma anche ombrosi), attingendo a piene mani dall'album appena pubblicato. Unica concessione al ritmo il mega singolo che da anche il titolo al disco. Seconda parte ( con relativi bis) dedicata completamente ai brani schiaccia sassi del debut album "Dell'Impero delle Ombre".
"Carrarmatorock!", "Compagna Teresa", "E Lei vene" sono ormai dei classici che lasciano storditi ma ebbri il foltissimo pubblico del Pumma Rock. Ottima prova del nuovo chitarrista Nicola Manzan ( Bologna Violenta e mille altri progetti artistici per questo funambolico musicista nostrano). Pierpaolo Capovilla, carismatico frontman e splendido intrattenitore, prende per mano i tanti fan accorsi ( compreso il sottoscritto), proponendo uno spettacolo rock che ha poco da invidiare alle tanto acclamate band straniere.


lunedì 27 settembre 2010

DEAD MAN - JIM JARMUSCH (1995)

Regia: Jim Jarmusch.
Attori: Johnny Depp, Lance Henriksen, Gary Farmer, Alfred Molina, Crispin Glover.
Genere Weird Western, b/n - USA 1995.

Sinossi
William Blake, giovane contabile, viaggia in treno da Cleveland (Ohio) a Machine (Arizona) alla ricerca di un impiego. Ucciso un uomo per legittima difesa, fugge braccato dai cacciatori di taglie. L'aiuta il pellerossa Nessuno, convinto che egli sia l'omonimo poeta inglese.

Considerazioni
Prendete un film western. Ammantatelo di un’aurea mortifera, ben evidenziata dal colore bianco e nero della pellicola. Spolpatelo fino all’osso, eliminando ogni intreccio narrativo o peculiarità care al genere, e infine evidenziate gli aspetti più singolari, violenti e spirituali del mito della frontiera e capirete solo in parte l’opera di Jim Jarmusch.
Un viaggio iniziatico tra la conoscenza dei segreti più nascosti dell’esistenza umana, legati alla caducità del vivere quotidiano e alla (ri)scoperta di una dimensione spirituale legata fortemente alla natura più selvaggia e incontaminata.
Per i lettori più attenti del mio blog non si tratta di temi sconosciuti.
Qualcosa del genere lo abbiamo già toccato con mano nel capolavoro assoluto del cinema nordico “Valhalla Rising”.
Cambiano gli sfondi (o quasi) ma il messaggio rimane identico: l’uomo civile ha perso il contatto con la parte più profonda del suo animo, corrotto dai bisogni terreni o da false ideologie.
L’unico modo per (ri)scoprire se stesso è attraverso la violenza e il contatto ravvicinato con il sangue e la morte. Solo così (il grande) spirito si risveglia dal lungo torpore e può abbracciare la piena consapevolezza delle cose
Johnny Depp si immedesima a fondo in questo viaggio ai limiti della conoscenza, interpretando un bonario impiegato che per una serie di vicende sfortunate, si trasforma in uno spietato fuorilegge che recita poesie di William Blake mentre ammazza i suoi persecutori.

OGNI NOTTE E OGNI MATTINA
NASCONO ALCUNI ALLA ROVINA
OGNI MATTINA E OGNI NOTTE
NASCONO ALCUNI AL SOAVE DILETTO
NASCONO ALCUNI AD INFINITA NOTTE
Una violenza cieca, strampalata, sbeffeggiante eppure poetica e sognante, che ha il fascino del cinema indipendente e la forza espressiva della grande letteratura americana.
Tantissimi sono i personaggi bizzarri che il protagonista troverà sulla sua strada verso la fine.
Un indiano dal nome omerico: “Nessuno”. Perché il suo popolo lo considera come “colui che parla ad alta voce senza dire niente”. Quanto ce ne sono intorno a noi di "Nessuno"? Parecchi…
Nessuno però ha un compito al di sopra delle sue sterili nomee: è il Caronte indiano. Colui che traghetta l’impiegato/assasino/assassinato verso il fiume dell’aldilà ( che nel film però è un mare paludoso e grigio).
In questo pellegrinaggio verso il mondo dei morti troveranno un Iggy Pop travestito da pericolosa megera ( retaggio di favole infantili?), Lance Henriksen, cacciatore di taglie che si ciba dei suoi simili come un mostro mitico ( abbiamo parlato di Omero, no?), Alfred Molina, predicatore infervorato da Dio che anela alla taglia del bandito e così via.
Tra Castaneda e Jodorowsky, tra cinema d’introspezione e una sorta di fumetto allucinato, Dead Man è “strano West”. Una frontiera che va oltre i cactus e la guerra tra indiani e cowboy per portarvi dritto nel cuore del "Grande Spirito" che, dietro la pelle di un uomo qualsiasi, cela il volto scheletrico e putrefatto della morte.
Dulcis in fundo soundtrack scritta appositamente da Neil Young.
Tra le cose migliori mai fatte per il cinema.

venerdì 24 settembre 2010

WEIRD (A VOLTE HORROR) WESTERN

Ultimamente mi sto appassionando non poco al genere "Weird Western" ( o secondo una definizione più terra terra " strano West"). Si tratta di un tipo di cinema che mischia sapientemente ambientazioni tipicamente western con elementi horror, fantasy e occulti.
Se in letteratura uno degli autori di punta di questa commistione è Joe Lansdale nel fumetto abbiamo l'esempio nostrano ( e acclamato) di Magico Vento, testata Bonelli creata dall'autore Giacomo Manfredi.
Per quanto riguarda le pellicole c'è solo l'imbarazzo delle scelta.
Vi lascio alcune locandine che a volte sono più lampanti di qualsiasi sinossi o segnalazione.
Magari in futuro parleremo approfonditamente di alcuni dei film testè citati.
Intanto rifatevi gli occhi!







domenica 19 settembre 2010

LIBRI IN BREVE: ALBERTO ANGELA - UNA GIORNATA NELL'ANTICA ROMA ( MONDADORI -2009)

SINOSSI
Com'era la vita quotidiana nella Roma Imperiale? Quali volti si incontravano nelle vie o sulle gradinate del Colosseo? Quali atmosfere si respiravano nelle case, nei palazzi? Alberto Angela conduce il lettore nella folla delle strade, all'interno delle case o nel Colosseo durante i combattimenti tra gladiatori. A descrizioni dettagliate di luoghi e stili di vita, si alternano infatti narrazioni in "presa diretta" quasi fosse una telecamera a proseguire il racconto, con il suo bagaglio di immagini, rumori, per scoprire e indagare tutte le curiosità e i piccoli grandi dettagli della vita degli antichi romani.

CONSIDERAZIONI
Premettendo che questo saggio è uno dei "libri del 2009" per IL MONDO DI EDU, posso tranquillamente affermare che la carica visiva insita nelle ricostruzioni, ipotesi e descrizioni create da Alberto Angela, spazza via in un solo colpo centinaia e centinaia e centinaia di romanzi storici con ambizioni di ricerca sul campo.
Scritto con un linguaggio semplice, accattivante, che prende per mano il lettore facendolo volare nel tempo ( a che cosa servono i libri sennò?), in un mondo lontano ma a noi ancora affine, "Una giornata nell' Antica Roma" è fruibile e appagante come la visione di una puntata di Ulisse il sabato sera su Rai 3 ( memorabile rimane ancora la ricostruzione degli ultimi gironi di Pompei, tra le cose migliori mai prodotte dalla TV nazionale).
Non c'è bisogno di essere un appassionato di storia o un critico. Qui serve solo concentrazione e voglia di scoprire cose nuove. Dulcis in funo un pizzico di curiosità che non guasta.
Per il resto abbandonatevi alle visioni di un'epoca storica, persa ormai nell'oblio del tempo.

martedì 14 settembre 2010

MOSHPIT: ACCORDI CON FRONTIERS E PUNISHMENT 18




Altro colpaccio in casa Moshpit
Siamo lietissimi di informare i nostri ascoltatori che la redazione di Moshpit ha stipulato un accordo di collaborazione con Frontiers Records, storica etichetta napoletana dedita al melodic rock in tutte le sue forme e diramazioni e Punishment 18 label italiana dedita al metal.
Dal 23 Settembre alle 21 su Radio Base vi faremo ascoltare in anteprima le loro uscite
Rimanete sintonizzati per altre info legate al programma di culto sul vero rock.
Link:
www.radiobase.fm
www.myspace.com/radiorockmoshpit
http://www.punishment18records.com/enter.php
http://www.frontiers.it/

domenica 12 settembre 2010

ANTONIO PAOLACCI – SALTO D’OTTAVA (PERDISA POP -2010)

Sorprendente come in un romanzo che ha per titolo una visione/interpretazione singolare e anticonformista del suono, io abbia avvertito un silenzio pesante e mortifero.
Senza scomodare Cartesio e spiegazioni assortite ( per l’amor di Dio!) basiamoci su dati concreti per misurare il “salto di vibrazione” che dovrebbe provocare la lettura del romanzo di Paolacci.
Due figure apparentemente antitetiche Met e Matteo.
Due personaggi avvolti nel silenzio della non esistenza.
Vuote scorribande estetico/pre adolescenziali per Met.
Vuota parvenza di benestante incanutimento per Mattero.
Potrebbero essere la stessa persona narrata attraverso un salto temporale.
Troppo facile, troppo prevedibile.
Paolacci ci invita a sezionare per bene i suoi caracters per scoprire dimensioni di pura decadenza urbana che poi è decadenza umana sotto mentite spoglie.

Met si avventura in una fabbrica abbondata e malfamata (Il Rottame) scoprendo un cadavere. Dato certo: un giovane uomo che conosce realmente ( e finalmente) la morte. Esperienza intensa come e quanto il primo orgasmo maschile. Totale immedesimazione nella putrefazione del corpo, specchio magico, capace di rivelare un futuro certissimo.
La componente sessuale è alla base di “Salto D’Ottava”. Il sesso è la comprensione dei misteri, siano essi personali o universali. Il Rottame è magione di amplessi nascosti e proibiti. Così sudici e ombrosi che potrebbero persino affascinare Lovecraft che aborriva/amava certe illecite promiscuità.
Met è annientato. Ferito dalla scoperta di una sessualità deviata dalla morale comune abbattuto dalla visione della non vita. Il castello di gusti estetici e musicali è destinato a crollare. La vibrazione c’è ed è cacofonica. È un grido che poi immancabilmente diviene silenzio. Perché dopo il suono c’è sempre il vuoto. Dopo una canzone c’è sempre una pausa silenziosa. Lì vive Met forse per il resto dei suoi giorni.

Matteo gioca con le immagini. Il suo balocco è il cinema.
È stato un adolescente come Met ma il periodo storico è già bello che concluso. Inevitabilmente ha conosciuto la morte e l’amplesso ed è sopravvissuto. Coronato il sogno borghese per antonomasia ( la famiglia) se n’è distaccato prontamente per un’esistenza in solitaria. Amnesie e ricerca sono il suo Santo Graal della non vita. Il risveglio della coscienza un’utopia persa tra le ombre di un appartamento ben arredato. L’uomo adulto (bruciato) ha sempre risvegliato i sensi attraverso due tipi di esperienze: la droga e il sesso a pagamento. La sublime esperienza dell’intorpidimento dei sensi senza il gusto della conquista affannosa. Matteo cerca la seconda strada e inevitabilmente si perde. Perché non è il contatto fisico che chiede ma la comprensione di sé attraverso le esperienze più banali e indecorose. Frantumare le apparenze per riscoprire l’io. Non ci riesce. Ma ha in serbo l’esperienza maestosa per antonomasia: girare un film sulla morte. Osservare la decadenza delle gesta umane attraverso i suoi simboli. Perchè il Rottame e la sua vicenda di illeciti e abusi, di solitudine umana e ambientale, è in realtà un luogo meta gotico ( ricordate il romanzo L’Estate di Montebuio di Danilo Arona?) dove il personaggio di fantasia può finalmente scovare la chiave d’argento della conoscenza: la comprensione della caducità dell’esistenza umana.
Tutto passa da questo. Inutile starci a girare. La vivisezione della vita passa attraverso decine e decine di esperienze pre morte. Questo ci dice Paolacci attraverso un’ottava altissima, stonata, sofferente. Ma dopo il suono non c’è altro che un silenzio pesante e ovattato come quello di una tomba chiusa. E se il finale lascia intendere un carnale proseguo verso altre vicende e altre comprensioni e esperienze, non fatevi beffare da Paolacci: quello che doveva dire l’ha già detto!
Opera empirica, drammatica, anticonformista, dallo stile inusuale e molto personale.
Un salto nella visione dell’artista.
Esperienza universale per antonomasia.
Nota finale: è ormai evidente che Perdisa Pop, con le ultime uscite, si stia lentamente distaccando dalla letteratura di genere per percorrere nuove strade espressive.

mercoledì 8 settembre 2010

MOSHPIT SIGLA UN ACCORDO DI COLLABORAZIONE CON AUDIOGLOBE

Siamo lietissimi di informare i nostri ascoltatori che Moshpit ha stipulato un accordo di collaborazione con Kizmaiaz/Audioglobe distrbuzione ( Nuclear Blast, Spv, Peaceville tra le etichette più importanti).
http://www.audioglobe.it/
Dal 23 Settembre alle 21 su Radio Base,
http://www.radiobase.fm/
vi faremo ascoltare in anteprima i nuovissimi album delle etichette sopra menzionate.
Un gran risultato pert noi!!!
Ringraziamo Audioglobe per la cortese disponibilità.
A breve un nuovo comunicato stampa sulla nuova stagione di Moshpit.
Link:
www.myspace.com/radiorockmoshpit

domenica 5 settembre 2010

IRON MAIDEN: "THE FINAL FRONTIER" TRACK BY TRACK

Qui a IL MONDO DI EDU siamo sempre spasmodicamente curiosi di tastare la vitalità artistica dei gruppi storici del genere rock/metal. Dopo aver recensito track by track il controverso ( ma tutto sommato godibile) “Death Magnetic” dei Metallica ci spostiamo in terra d'Albione per il ritorno in pompa magna dei dinosauri del metal Iron Maiden. Le aspettative sono tante, l’emozione straripante ma passiamo a una disamina puntigliosa del disco:

“Satellite 15… The Final Frontier”:
Intro fantascientifico che lascia quasi presagire ad una mazzata metal in pieno viso. Ecco invece un esordio in pieno stile “Seventh Son of a Seventh Son” con i vocalizzi di Dickinson in primo piano e le chitarre ( invero snervanti e cacofoniche) in secondo. Iniziamo male.

“El Dorado”:
Non è un brutto pezzo. Si stampa subito in mente e ha cori vincenti. Ma quello che manca è il mordente. Dove sono le cavalcate rock/metal in stile Maiden? Dov’è il basso di Harris? Dove il senso di mistero e di fuga tipico delle loro song più famose? Si avverte invece una sorta di stanchezza esecutiva. A titolo di cronaca questo è uno dei pochi brani scritti da Dickinson in coppia con Harris che invece sarà accreditato in tutti i restanti brani dell’album. E’ successo anche per il disco precedente e sappiamo tutti com’è andata…

“Mother Of Mercy”:
Brano in divenire dove Dickinson sembra ancora poco convinto. Incedere lento ma almeno lo stile della band è riconoscibile. Noiose le soliste. Belle invece le armonie di chitarra. Così, così il coro centrale.

“Coming Home”:
L’inizio sembra preso da uno dei primi dischi degli In Flames. Poi mi accorgo che sono questi ultimi che scopiazzavano i Maiden. Ma dov’è la novità? Il bridge acustico è anonimo. Brano di nuovo lento e asfissiante. Tutto viene lasciato nella mani (ahinoi!) di Dickinson…il resto è noia.

“The Alchemist”:
Finalmente un po’ di ritmo! Tipico brano in stile Maiden e finalmente intravediamo Eddie che corre nella selva inglese con un’ascia in mano. Forse il miglior brano dell’album. Ma qualcosa manca lo stesso: la convinzione.

“Isle Of Avalon”
Lungo intro acustico ma con brio. Il resto si dipana tra invenzioni prog e tanta, tanta stanchezza.

“Starblind”
Potrebbe essere un outtake di “No Prayer For the Dying”. Ho detto tutto.

“The Talisman”
L’arpeggio iniziale è quasi scippato ai Tiamat di “Kaleidoscope” (Wildhoney – 1994). Per il resto c’è un fascino ancestrale nella prima parte che lascia il posto alla solita cavalcata, se non fosse che il cavallo sembra vecchio e stanco.

“The Man Who Would Be King”:
Di nuovo le atmosfere di “The Seventh Son of a Seventh Son”. Un disco che sembra ossessionare Harris da almeno tre album a questa parte. Inutile sottolineare che qualcosa non va. Errare è umano, perseverare è diabolico.

“When The Wild Wind Blows”:
I Maiden che fanno il verso ai Jethro Tull. Poi all’improvviso tutto cambia ed è sconforto assoluto.
Confesso che questo è un album che non avrei voluto recensire sul blog. Forse è la prima vera stroncatura che scrivo da quanto esiste IL MONDO DI EDU. Se gli Iron Maiden avevano dato segni di ripresa con il buon “Dance of Death”, gli album seguenti evidenziano una "stanchezza" (il tema portante della recensione) compositiva allarmante e una scarsa attitudine nel saper arrangiare brani in linea con la storia del gruppo. Da amante ultra ventennale della band britannica mi viene un po’ di magone mentre scrivo queste righe. Ma se anche un'ottima rivista del settore come “Decibe Magazine” parla di “ultima frontiera” per la carriera del combo di Harris & soci, significa che la cosa è ormai evidente per tutti. Lunga vita ai Maiden ma basta dischi di pessima qualità come questo “The Final Frontier”. Meglio solo i tour a questo punto…