Sorprendente come in un romanzo che ha per titolo una visione/interpretazione singolare e anticonformista del suono, io abbia avvertito un silenzio pesante e mortifero.
Senza scomodare Cartesio e spiegazioni assortite ( per l’amor di Dio!) basiamoci su dati concreti per misurare il “salto di vibrazione” che dovrebbe provocare la lettura del romanzo di Paolacci.
Due figure apparentemente antitetiche Met e Matteo.
Due personaggi avvolti nel silenzio della non esistenza.
Vuote scorribande estetico/pre adolescenziali per Met.
Vuota parvenza di benestante incanutimento per Mattero.
Potrebbero essere la stessa persona narrata attraverso un salto temporale.
Troppo facile, troppo prevedibile.
Paolacci ci invita a sezionare per bene i suoi caracters per scoprire dimensioni di pura decadenza urbana che poi è decadenza umana sotto mentite spoglie.
Met si avventura in una fabbrica abbondata e malfamata (Il Rottame) scoprendo un cadavere. Dato certo: un giovane uomo che conosce realmente ( e finalmente) la morte. Esperienza intensa come e quanto il primo orgasmo maschile. Totale immedesimazione nella putrefazione del corpo, specchio magico, capace di rivelare un futuro certissimo.
La componente sessuale è alla base di “Salto D’Ottava”. Il sesso è la comprensione dei misteri, siano essi personali o universali. Il Rottame è magione di amplessi nascosti e proibiti. Così sudici e ombrosi che potrebbero persino affascinare Lovecraft che aborriva/amava certe illecite promiscuità.
Met è annientato. Ferito dalla scoperta di una sessualità deviata dalla morale comune abbattuto dalla visione della non vita. Il castello di gusti estetici e musicali è destinato a crollare. La vibrazione c’è ed è cacofonica. È un grido che poi immancabilmente diviene silenzio. Perché dopo il suono c’è sempre il vuoto. Dopo una canzone c’è sempre una pausa silenziosa. Lì vive Met forse per il resto dei suoi giorni.
Matteo gioca con le immagini. Il suo balocco è il cinema.
È stato un adolescente come Met ma il periodo storico è già bello che concluso. Inevitabilmente ha conosciuto la morte e l’amplesso ed è sopravvissuto. Coronato il sogno borghese per antonomasia ( la famiglia) se n’è distaccato prontamente per un’esistenza in solitaria. Amnesie e ricerca sono il suo Santo Graal della non vita. Il risveglio della coscienza un’utopia persa tra le ombre di un appartamento ben arredato. L’uomo adulto (bruciato) ha sempre risvegliato i sensi attraverso due tipi di esperienze: la droga e il sesso a pagamento. La sublime esperienza dell’intorpidimento dei sensi senza il gusto della conquista affannosa. Matteo cerca la seconda strada e inevitabilmente si perde. Perché non è il contatto fisico che chiede ma la comprensione di sé attraverso le esperienze più banali e indecorose. Frantumare le apparenze per riscoprire l’io. Non ci riesce. Ma ha in serbo l’esperienza maestosa per antonomasia: girare un film sulla morte. Osservare la decadenza delle gesta umane attraverso i suoi simboli. Perchè il Rottame e la sua vicenda di illeciti e abusi, di solitudine umana e ambientale, è in realtà un luogo meta gotico ( ricordate il romanzo L’Estate di Montebuio di Danilo Arona?) dove il personaggio di fantasia può finalmente scovare la chiave d’argento della conoscenza: la comprensione della caducità dell’esistenza umana.
Tutto passa da questo. Inutile starci a girare. La vivisezione della vita passa attraverso decine e decine di esperienze pre morte. Questo ci dice Paolacci attraverso un’ottava altissima, stonata, sofferente. Ma dopo il suono non c’è altro che un silenzio pesante e ovattato come quello di una tomba chiusa. E se il finale lascia intendere un carnale proseguo verso altre vicende e altre comprensioni e esperienze, non fatevi beffare da Paolacci: quello che doveva dire l’ha già detto!
Opera empirica, drammatica, anticonformista, dallo stile inusuale e molto personale.
Un salto nella visione dell’artista.
Esperienza universale per antonomasia.
Nota finale: è ormai evidente che Perdisa Pop, con le ultime uscite, si stia lentamente distaccando dalla letteratura di genere per percorrere nuove strade espressive.
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