Inutile tergiversare: Villa Diodati rappresenta l’archetipo primigenio di tutto il Gotico moderno.
Nel 1816 tra le mura di questa casa spettrale e solitaria che si affaccia sul lago di Ginevra, tutti gli incubi e le visioni di un gruppo di letterati controversi e tormentati hanno preso forma, trasmutandosi in alcune opere narrative che in seguito sarebbero divenute immortali (come del resto i loro protagonisti): parliamo de “Il Vampiro” di Polidori, “Frankenstein” di Mary Shelley e il frammento incompiuto “La Sepoltura” di Lord Byron.
La casa editrice Nova Delphi nel libro di recente pubblicazione "La notte di Villa Diodati" riunisce per la prima volta le tre opere, in una nuova traduzione, con un ampio saggio di apertura a cura di Danilo Arona.
Sarà un’eresia o una esagerazione ma per chi come il sottoscritto ha letto e riletto le opere sopramenzionate proprio il saggio del buon Arona rappresenta il valore aggiunto nell’acquisto di un tomo che raggiunge le oltre trecento pagine.
Chiariamolo subito: l’autore di Bassavila non ha assemblato la solita introduzione di poche paginette, ma un vero e proprio studio storico/psicologico/letterario sulle cause e i fatti che portarono alla creazione del mito. Insomma una mitopoiesi dell’ Horror.
E così scopriamo che Mary Shelley aveva una sorellastra che ha influenzato non poco i suoi incubi personali, poi diventati letterari, mentre la famosa gara di composizione orrorifica, durante una serata di tuoni e fulmini non ha prodotto in così poco tempo un immaginario così denso e complesso. Villa Diodati, in realtà, è stato il momento finale di una serie di paure, problematiche personali (irrisolte), deliri e ossessioni che trovano il loro humus primordiale nella vita stessa dei suoi protagonisti.
E il contorno della Villa labirintica ombrosa e spettrale è solo uno dei tanti palcoscenici possibili.
Perché, come sapientemente evidenziato da Arona , che di queste cose se ne intende, il 1816 fu l’anno dell’Apocalisse: l’eruzione di un vulcano (il Krakatoa) fece piombare l’intera Europa in un periodo abbastanza lungo di tenebre, freddo e carestia. Non a caso fu ribattezzato “l’anno senza estate”. Vivere in prima persona un’esperienza così traumatica e paurosa potrebbe aver risvegliato le coscienze, già di per sé votate alla comprensione del male sia esso della mente o soprannaturale, di un gruppo di artisti fin troppo sensibili a certe manifestazioni.
Ci sono alcuni elementi nella trattazione introduttiva che rimangono in ombra (ad es. la raccolta di racconti gotici dal titolo di “Phantasmagoriana” letta da Byron la famosa notte della gara letteraria, viene solo citata) ma per il resto si tratta di uno studio certosino e attento su tutte le motivazioni che hanno spinto quattro scrittori (Percy Bysshe Shelley non ci ha lasciato opere significative dopo quell’esperienza, apparentemente…), egoisti capricciosi e vanesi a partecipare, forse inconsciamente, forse no, a uno degli eventi più importanti e influenti di tutta la letteratura mondiale.
E se il lavoro di Arona non vi basta ci sono le opere originali che soprattutto per i neofiti (ma non solo…) sarà una porta spalancata verso un universo oscuro ma attraente come lo sono ormai da tempo, icone memorabili quali Lord Ruthven e il mostro Frankenstein.
Libro davvero affascinante questo “La Notte di Villa Diodati”, capace ancora, dopo anni di letture gotiche e orrorifiche, di provocarmi un autentico brivido di terrore dietro la schiena.
Un classico da leggere e rileggere!
2 commenti:
Si, quella fu una notte seminale. In fondo tutta e dico tutta la narrativa del fantastico deve molto a quel gruppo di egoisti e vanesi scrittori.
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