Quasi vent’anni orsono fece capolino nella grigia programmazione televisiva italiana un serial Tv che era destinato a lasciare un segno in tutto l’immaginario fantastico, sia televisivo che letterario. Il titolo era: Twin Peaks.
La sceneggiatura si basava, soprattutto all’inizio, su un semplice tassello: il delitto di una bella e giovane donna di nome Laura Palmer.
Non a caso la frase “ Chi ha ucciso Laura Palmer?” perseguiterà il sonno e la veglia di molti spettatori serali compreso il sottoscritto.
Ovviamente parlando di David Lynch la cosa non poteva essere così semplice.
Attorno all’inevitabile fine della protagonista si aggiravano, spesso ai margini, una serie di personaggi, dalla più svariata umanità: romantici, oscuri, ambigui, sinceri, crudeli, generosi e dulcis in fundo anche metafisici.
Perché dietro ogni azione umana (abbietta o meno) c’è sempre l’influenza di una dimensione ultraterrena. Del resto Shakespeare ne aveva scritto secoli prima.
Lynch giocava con i ruoli dei suoi personaggi dando nuova linfa ad un genere, il Giallo, che sembrava chiuso in schemi ormai diventati troppo rigidi e molte volte insopportabili.
Bad Prisma, antologia edita da Mondadori per la Collana Epix, si basa sullo stesso principio ispiratore.
Partire da una leggenda metropolitana ( più o meno vera, più o meno universale), l’omicidio accidentale ( la morte è solo l’inizio…) di una giovane donna extracomunitaria e la sua inevitabile dannazione terrena, per creare un Prisma interpretativo e creativo.
Chi ha ucciso Melissa?
Chi è Melissa?
Cosa è Melissa?
Il suo ideatore, Danilo Arona, dopo aver dato una propria visione letteraria ( o giornalistica, dipende da dove si guarda il Prisma), con i libri “Cronache di Bassavilla” e “Melissa Parker e l’incendio perfetto”, si affida alla sensibilità di altri autori ( perché gli incubi si nutrono continuamente di carne fresca e pensieri morbosi) per costruire “altri” specchi attraverso i quali la figura tridimensionale della sfortunata giovane ( simbolo di oscura redenzione), possa infestare il nostro mondo ( immaginario e non).
Kitsune, la donna volpe di Stefano Di Marino ha il respiro di una fiaba ma i contorni sanno di corruzione e tradimento perché il mondo dei morti si nutre continuamente di vendetta e decadenza.
Berggasse 19 di Alessandro Defilippi è il tentativo attraverso l’arte di dare una senso razionale all’orrore metafisico. E allora chi meglio di Freud è capace di decodificare apparizioni, simboli e stati d’animo a caccia di una verità che molto spesso è imparentata col dubbio. Un gioiello narrativo.
Il passato è davanti a noi di Giorgio Bona ci ricorda che il nostro passato è pieno di carnefici è che Melissa è il simbolo della sopraffazione cieca e violenta del debole, agnello sacrificale su un altare di menzogne.
L’ultimo colpo di pistola di Angelo Marenzana da un’interpretazione controversa ma allo stesso tempo efficace. Nel marasma politico e sociale del 68 non c’è posto per romantiche visioni di spettri anche se morti ammazzati. Ci sono altri “demoni” da esorcizzare e quelli puramente metafisici sono solo allucinazioni che si perdono nel buio della notte. Bello.
La settima notte di Bob Orsetti gioca con la musica del diavolo, il Rock, e si sa le anime nere sentono sempre il richiamo di uno strumento adeguatamente accordato ( Monthague R. James scrisse un racconto intitolato “Fischia e io verrò” e non a caso…). La radio come medium dell’apocalisse? Perché no…
Le bambole non uccidono di Barbara Baraldi è un marchio di fabbrica della narrativa “baraldiana”. Le sue “eroine” dark e tormentate dovranno vedersela con un topos di sicuro effetto: bambole. Metafora terribile del cristallizzarsi di un dolore che non avrà mai fine.
Le bambole uccidono di Gianfranco Nerozzi è un racconto che mi ha ricordato molto certe atmosfere di Sclavi. Il male incarnato nel quotidiano( banale) di una mamma assassina.
Il tratto nero di Giacomo Cacciatore ritorna là dove tutto è iniziato. Un’autostrada deserta attorniata dalle tenebre e il segno incancellabile che le tragedie, quelle vere, possono diventare l’anticamera dell’Inferno. Mi è piaciuto molto.
La fiammiferaia di Giuliano Fiocco è la resa dei conti fra due tipi di mostri. Uno inesorabilmente e tristemente umano. L’altro diabolicamente quantico. Non potrà che essere FUOCO.
La forcella del diavolo di Andrea G. Colombo gioca anche in questo caso con un topos di sicuro effetto. Una maledizione antica perpetrata nel tempo attraverso un luogo infestato. Una classica ( e quindi "rassicurante") storia di fantasmi.
M3li$$@ di Alessio Lazzati si abbevera del mito. E al giorno d’oggi, il mito, si nutre attraverso una dimensione di misteri per antonomasia: il web. Una ragnatela nella quale chiunque può rimanere intrappolato, talvolta per sempre.
La decima arcata di Gian Maria Panizza mi ha messo in difficoltà. Visionario, spietato, suggestivo si avvale di un’ispirazione così trascendente da superare la struttura stessa del racconto. Di non facile fruizione per il lettore medio
Melissa’s Syndrome di Edoardo Rosati mi ha ricordato, come stile narrativo, “Melissa Parker e l’incendio perfetto.” Non a caso. I continui rimandi alla cronaca reale hanno fatto la fortuna di questa saga e Rosati si avvale di struttura collaudata per creare un bel racconto horror.
Melissa Project di Novelli & Zarini. Non so se i due autori avessero in mente 2001: Odissea nello spazio quando hanno sceneggiato il loro racconto ma io ho riscontrato molte atmosfere “kubrickiane” nel testo. Molta inventiva e sprazzi di fantascienza per un buon intrattenimento.
Zona Zero di Alan D. Altieri. La mia riflessione non può che essere questa: Melissa è il simbolo di un ‘apocalisse imminente. E l’Armageddon avverrà sulla terra attraverso guerre e pestilenze. Un regno di assoluta oscurità dove le anime più nere troveranno la loro oasi di perdizione. Altieri aveva questo in mente per Zona Zero?
L’ultima fine d’estate di Claudia Salvatori. Uno dei miei preferiti. Lo stile tra il sacro ( inteso come serena accettazione della fine, sempre Apocalisse) e il profano ( inteso come “carnale”) mi ha ricordato la splendida “Trologia della terra piatta” di Tanith Lee. Un luogo in cui il male è un elemento necessario per poter ascendere verso una dimensione superiore a quella "prosaicamente" umana.
E allora Melissa è il simbolo di un’oscura redenzione dipinta da Nemesi.
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