Alla fine la lettura del libro è stata un'esperienza tra le più divertenti e coinvolgenti mai accadute qui a IL MONDO DI EDU. Roba da ridere e spaventarsi (sul serio!) allo stesso tempo.
E come sempre, quando un libro ci conquista, una chiacchierara con l'Autore non può mai mancare. Ecco il resoconto:
Salve Claudio. Partiamo da una mia riflessione presente nella recensione allegata a questa intervista. Il 36 Giusto sembra distaccarsi dallo stile personale e coinvolto del primo romanzo, per sondare una sorta di narrativa “a effetto” il cui scopo primario è quello di far divertire e coinvolgere il lettore. È questa la strada narrativa futura del Claudio Vergnani/ Autore?
Sì, volevo evitare il temuto “effetto fotocopia” di molti sequel. In generale vorrei evitare il più possibile di essere scontato. Anche per questo l’ultimo volume della trilogia, pur conservando lo stesso obbiettivo - appunto coinvolgere e divertire il lettore – sarà ancora un pochino diverso dai primi due.
Paliamo dell’archetipo “vampiro”. Nel “Vergnani pensiero”, il mostro sembra quasi l’alibi definitivo per poter finalmente cambiare una società che crea solo ansie e aspettative irrisolte. Il vampiro è l’unico cambiamento possibile. Da cosa nasce questa tua riflessione?
Be’, è una riflessione banale e superficiale finché si vuole, ma umana. Il ragionamento è semplice: solo qualcosa che esce dagli schemi può dare una scossa a questa nostra società di plastica vittima delle proprie sbrodolature ipocrite e delle proprie patetiche menzogne. Gli alieni ritardano, e allora che vengano i vampiri...
Ancora vampiri. Mi sbaglio o stavolta hai attinto a piene mani dal cinema “di genere” nazionale (Fulci, Avati etc.)? E poi diciamola tutta. Più che vampiri io li vedo come zombi decadenti e famelici?
Sono vampiri che hanno smarrito una guida e sono in balia di loro stessi, - della loro sete e dell’orrore della non-morte - anche se sono in grado di pensare, cosa che (ad oggi) gli zombi ancora non fanno. Fulci e Avati fanno parte del mio background (che è robusto, nutrito e insospettabile). Entrambi a mio parere sono dei Maestri (non vampirici). Ci hanno insegnato delle cose, e quel che ricordo di loro mi è piaciuto.
È possibile nel 2010 scrivere ancora una storia horror ambientata in un bel cimitero? Io la trovo una cosa sublime e legata a stilemi gotici e anacronistici dal fascino intatto. Che ne pensi?
Credo sia possibile, a patto che si conosca chi lo ha fatto prima di noi e come lo ha fatto. Io ci ho provato, strizzando anche l’occhio a chi, come appunto hai fatto tu, ha colto il riferimento. Ciò non toglie che la storia deve poter piacere anche a coloro i quali non hanno alcun riferimento antecedente.
Prima curiosità: dalla lettura del testo ho avvertito fortissimamente, l’influenza dei vecchi fumetti horror/erotici italiani. Roba tipo Zora la Vampira o Jacula. Sei d’accordo?
Sono da sempre un lettore onnivoro e privo di preconcetti. Ho letto Zora come leggevo Infernalia di Nodier, Jacula come Le Fanu. E tutti mi hanno lasciato qualcosa.
Seconda curiosità: Vergy. Più volte hai rilasciato dichiarazioni che ammettevano l’esistenza reale del tuo personaggio più noto. Ma è davvero così cinico, grossolano, divertente e volgare come lo descrivi? O ti sei preso una licenza narrativa “di troppo”?
No, inventate sono ovviamente le situazioni, ma non certo il personaggio. Perso di vista, purtroppo, e mai più rintracciato. Peccato.
Come sempre la tua narrativa è ricca di riflessioni personali ( e cupe) sulla morte, la disoccupazione, sentimenti non corrisposti e solitudine. Stati d’animo comuni ma mai banali. È questa la tua visione dei nostri tempi?
Non c’è certo bisogno che dica io che i paesi industriali in generale e l’Italia in particolare, stanno attraversando un periodo di grave decadenza morale e sociale. Per non dire abruttimento. Probabilmente saranno cicli fisiologici, ma quando ci vivi dentro c’è poco da stare allegri o da essere ottimisti. Una volta, in Italia sapevi sì di avere la classe politica più cialtrona d’Europa ma almeno ti passavano il famoso “panem et circenses”. Ora il panem inizia a scarseggiare, in compenso aumentano i circenses e sono sempre più beoti, anche. Ripeto: poco da stare allegri. A meno che non piaccia veder duettare Lapo Elkann e il principale Emanuele Filiberto. In questo caso andiamo alla grande.
Tra un secolo, se i tuoi libri sopravvivranno alla memoria collettiva “ che tutto dimentica troppo in fretta” che cosa ti piacerebbe si dicesse ancora del Vergnani/Autore?
Mi piacerebbe potessero interessare e divertire ancora. Anche tra mille anni. Parlano di umanità e di esseri umani, e lo fanno con profonda onestà. Tali temi, anche nel piccolo dei miei libri, non passeranno mai di moda.
Claudio Vergnani è il “Claudio” protagonista dei tuoi libri o è solo la sua parte più tormentata e riflessiva?
Forse è la parte meno tormentata.
Il tuo romanzo come il precedente segue una linea temporale definita. Dopo l’apocalisse vampirica del primo libro, abbiamo una sorta di assestamento e una sorta di spin off con avventure e storie indipendenti. Ci sarà di sicuro un terzo libro a chiudere il cerchio?
Di sicuro non lo so; di certo c’è che ci sto lavorando. Vedremo.
Di sicuro non lo so; di certo c’è che ci sto lavorando. Vedremo.
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