domenica 18 novembre 2012

THE BLAIR WITCH PROJECT: BUFALA WEB ANTE LITTERAM


































Nei giorni scorsi mi è capitato spesso di ripensare a tutto il battage pubblicitario e mediatico che interessò alla fine degli anni '90 uno dei film più discussi e controversi del cinema horror tout court:
The Blair Witch Project. 
Facciamo un passo indietro: nel 1999 due oscuri cineasti americani, Daniel Myrick e Eduardo Sanchez, mettono insieme un filmetto amatoriale (oggi lo chiameremmo “Mockumentary”) nel quale tre sfortunati ragazzotti americani scompaiono nel villaggio di Burkittsville (anticamente chiamato Blair) durante un'escursione.
Vengono ritrovati solo i loro affetti personali e dei videotape, la cui visione da parte del pubblico creerà una sorta di “mito cinematografico”. Il film in se stesso non ha (quasi) nulla di spaventoso, a meno che di notte non vi crei l'insonnia qualsiasi rumore che sentite nel letto. In tal caso il film potrebbe traumatizzarvi anche a distanza di tempo, così come ha fatto di recente un'altra bufala horror: Paranormal Activity.
La “formula narrativa” è quella che tutti ormai conosciamo a pennello: niente mostri, niente strane presenze; solo tre ragazzi ansimanti e terrorizzati alla ricerca della salvezza dal “nulla”. Un gioco di autosuggestione e effettacci elementari (se una persona accanto a noi urla di orrore per un qualsiasi evento sconosciuto, al 99,9% finirà per contagiarci) che sorprendentemente farà il boom al botteghino.
Solo questo?
Leggete cosa scrive il noto quotidiano Repubblica nel 2000, anno in cui il “Fenomeno della Strega di Blair” arriva anche in Italia:

"E' la prima, vera tecnobufala perfettamente riuscita. Il primo, vero esempio trionfante della potenza di Internet: è solo grazie al passaparola sulla Rete che un film girato da due perfetti sconosciuti con mezzi assolutamente artigianali, e costato poche decine di migliaia di dollari, ne ha incassati oltre duecento milioni (400 miliardi di lire, più o meno). Perché alla radice del successo di 'The Blair witch project', o come vuole la traduzione italiana 'Il mistero della strega di Blair', da domani nelle nostre sale, c'è una semplice leggenda metropolitana mandata online, con tanto di sito-verità: il racconto della scomparsa, nel '94, di quattro (tre in realtà Nda.) giovani cineasti in una foresta del Maryland, e di cui, qualche anno più tardi, è stato ritrovato un agghiacciante filmato in presa diretta. 
Realtà? No, pura finzione, ma con tutte le apparenze della verosimiglianza. Per cui non sorprende che alla storia abbiano creduto, come al Vangelo, decine di migliaia di navigatori, che a loro volta hanno diffuso la leggenda presso amici e conoscenti".

Secondo i dati in mio possesso e facilmente riscontrabili sul web, nel 1996 erano connessi a internet dieci milioni di computer, mentre già nel 1999 (anno di uscita del film) sono oltre 200 milioni in tutto il mondo.
In Italia che io ricordi, alla fine degli anni '90 il web era ancora un mondo inesplorato e tutto sommato sconosciuto visti i prezzi dei pc e la qualità della connessione (molto lenta e che praticamente prendeva il posto della linea telefonica di casa).
La mia prima mail (su email.it) l'ho aperta soltanto un paio di anni dopo.
Eppure nel 2000 "The Blair Witch Project" sbanca anche i botteghini nazionali, decretando un prepotente ritorno del genere horror al cinema. Dopo la Strega più falsa del cinema indipendente, le sale saranno inondate di film americani di genere, cosa che decreterà un ritorno di fiamma per l'Horror dopo i fasti di Dylan Dog di fine anni '80.
Personalmente seguii il fenomeno della presunta leggenda della Strega assassina, sulle riviste e sui quotidiani, finendo poi in un cinema di Salerno con delle aspettative enormi e avvertendo quel “brivido di verosimiglianza e credulità” che ha sempre contraddistinto i miei interessi e la mia vita.
Vidi il film con un trasporto che difficilmente ho riprovato negli anni a venire (forse col primo "Signore degli Anelli" e pochi altri) e pur sentendo accapponare la pelle durante la visione, rimasi tutto sommato deluso.
Di sicuro giocò il fatto che non avendo seguito sul web (non disponendo di un pc collegato in rete) tutta la trafila di false informazioni e fatti creati ad arte (lettere, testimonianze, dichiarazioni) limitandomi a leggerne solo su carta, mancai di comprendere completamente un fenomeno che negli anni successivi si sarebbe sviluppato su vari livelli. Parliamo di marketing on line, di “viralità” della notizia, di fake e spam, termini e nozioni che oggi sono di uso comune.
Per questo, quando si parla del “Mistero della Strega di Blair”, ho in in mente due cose:
1) Il momento “Alpha” delle potenzialità fin ad allora inespresse del web (e se pensate che è stato un film horror a tirarle fuori, tanti detrattori e moralisti doverebbero restare in silenzio per il resto dei loro giorni).
2) Un signore di mezza età che allo scoccare dei titoli di coda, nel sopramenzionato cinema salernitano, urlò il suo giudizio ai quattro venti, con feroce determinazione: “Mamma mia, che strunzata!”.
Verità e menzogna, bufala e realtà, ironia e cinismo: se ci pensiamo bene tutti elementi che ritroviamo oggi a piene mani nel tanto amato/odiato mondo virtuale.

8 commenti:

Nick Parisi. ha detto...

Ovviamente nemmeno io ero connesso in rete all' epoca e come me quasi nessuno di quelli che conoscevo eppure la "viralitá" del fenomeno venne garantita da telegiornali, riviste, perfino dall' Almanacco della Paura di quell' anno.
Piuttosto è sintomatico che dopo quel primo fuoco di paglia nè Myrich nè Sanchez siano piú riusciti a combinare niente. Alla fine quel film una vittima comunque l' ha fatta: la povera Heather Donahue, talmente traumatizzata dalle modalità di ripresa dei due registi, che a quanto pare, erano avvezzi ad abbandonare davvero nei boschi i tre attori senza cibo e senza istruzioni per ore, che ha preferito tagliare i ponti con la civiltá e trasferirsi in un ranch col marito abbracciare uno stile di vita survivalista e a tagliare i ponti con tutto e tutti.

EDU ha detto...

Ottimo commento, Nick.
Non conoscevo tutti i retroscena del film.
La viralità c'è stata ma ha sfruttato i canoni classici di diffusione dell'epoca: giornali, riviste, tv, radio.
Il web per noi era ancora tabù.

Anonimo ha detto...

Io l'ho visto in dvd qualche anno dopo l'uscita al cinema, e devo dire che sono stata molto spaventata...dal niente! Non c'era nulla di spaventoso eppure ha sortito l'effetto di non farmi dormire rilassata per qualche notte! Avevo 18/19 anni ed era uno dei primi horror che guardavo da sola!

Ancor più delusa da Paranormal Activity...

EDU ha detto...

Ciao!
No, non spaventa per niente. Forse riesce a sortire il suo effetto al cinema, dove tutto è amplificato (sopratutto gli effetti sonori) ma per il resto è un film che è passato alla storia non per lo script o gli attori ma per una geniale mossa di marketing virale. Roba ormai della preistoria...

EDU ha detto...

@Nick
il secondo "The Blair Witch Project" ha dimostrato il "reale" valore dei cineasti Myrich e Sanchez: una cagata pazzesca.

Nick Parisi. ha detto...

Indubbiamente!

angie ginev ha detto...

Ha avuto un grande impatto, anche se quel signore di mezza età non aveva tutti torti.
Basterebbe veramente poco....
Una casa o villetta disabitata, strani rumori....,una o due persone che ansimano dalla paura ed il gioco sarebbe fatto....se sai ovviamente estendere in modo virale il film...
Magari e sicuramente con un po' di fantasia ....riuscirebbe anche meglio...
Ciao e grazie
Angie

EDU ha detto...

Infatti Angie.
Un saluto