Ci sono persone che nella loro vita
esaltano l'oscurità, i boschi, i luoghi isolati e decadenti (e molto
spesso “maledetti”) e una sorta di misantropia romantica, seduti
comodamente davanti al pc con il caffè fumante nella mano, i
riscaldamenti accesi e una lampada sulla scrivania a rischiare le
tenebre della notte in attesa di una notifica su Facebook o di un
commento sul blog.
Ma un tempo gli “”archetipi” che
ho citato in precedenza (scomodando Jung, a mio avviso uno dei
filosofi più importanti del pensiero umano in assoluto) hanno
caratterizzato l'istinto di sopravvivenza degli cosiddetti “uomini
delle caverne” in perenne lotta con il buio della notte e le sue
nascoste insidie, siano esse materiali o immateriali.
Tutte le leggende, i miti e gli
aneddoti connessi con la dimensione soprannaturale e orrorifica
dell'esistenza umana, nascono nel fitto intrico di una foresta, con
un tenue fuoco a illuminare i tronchi spettrali mentre ombre informi
e paurose danzano tutt'intorno, come anime disincarnate e strani
versi si insinuano misteriosi tra i rami scheletrici.
Avete mai provato a camminare di notte
in un bosco, da soli, in una situazione di totale incertezza e timore
immotivato?
Io l'ho fatto e credetemi non è una
cosa per niente piacevole.
I sensi si acutizzano completamente e
riesci a percepire suoni o rumori che in un contesto diverso
sarebbero quantomeno impercettibili.
L'istinto primordiale, arroccato nei
geni più nascosti del nostro corpo, abbatte le barriere razionali
dell'io moderno, ponendoci di fronte al più antico e misterioso
babau dell'umanità: il buio.
La fantasia, quella ancora citata in
precedenza, fa il resto, creando dal nulla visioni e incubi che
infesteranno per lungo tempo la nostra mente, sopratutto al calare
delle tenebre.
Tutto questo preambolo per parlare di
Dark Woods, La Foresta misteriosa (Villmark), film norvegese del
2003.
Un lungometraggio capace di risvegliare
ancestrali paure anche negli spettatori più smaliziati e cinici.
Ecco la trama:
Gunnar, un produttore televisivo norvegese, organizza un reality-show molto particolare: dieci persone dovranno sopravvivere per tre mesi nelle foreste scandinave, in un duro confronto con la natura selvaggia. Radunato il gruppo di lavoro, insiste affinché alcuni ragazzi partecipino a un corso di sopravvivenza di quattro giorni, nella profondità delle foreste, per verificare dal vivo in che modo i partecipanti affronteranno lo stress dello show. Gunnar e i suoi quattro collaboratori fanno tappa in una capanna abbandonata sulla riva di un lago, e subito accadono strani eventi...
Ecco la trama:
Gunnar, un produttore televisivo norvegese, organizza un reality-show molto particolare: dieci persone dovranno sopravvivere per tre mesi nelle foreste scandinave, in un duro confronto con la natura selvaggia. Radunato il gruppo di lavoro, insiste affinché alcuni ragazzi partecipino a un corso di sopravvivenza di quattro giorni, nella profondità delle foreste, per verificare dal vivo in che modo i partecipanti affronteranno lo stress dello show. Gunnar e i suoi quattro collaboratori fanno tappa in una capanna abbandonata sulla riva di un lago, e subito accadono strani eventi...
Solo un regista norvegese, dalla sensibilità sviluppata e alquanto arcaica verso la natura e i suoi desolati paesaggi poteva scrivere un horror/thriller in cui i boschi la fanno praticamente da padrone.
Gunnar e i “suoi” ragazzi si aggirano col loro carico di umane brutture nella foresta selvaggia e incontaminata e l'incontro/scontro con la “selva solitaria e oscura” sarà foriero di eventi non poco agghiaccianti.
Da notare che gli uomini e le donne del Nord, anche nei film, sembrano non avvertire quel timore reverenziale e a volte grottesco nei confronti della natura che di solito attanaglia la maggior parte del cinema mainstream.
Quello che cambierà gli equilibri della storia non sarà un incontro misterioso nella foresta di notte (cosa che sembra non provocare nulla nel tipico ragazzo norvegese, un po' rock, un po' tormentato, quasi sempre freddo come il ghiaccio), ma un fatto alla luce del sole: un omicidio irrisolto che scatenerà la follia e l'orrore.
È il mondo al contrario: al calare del sole dovrebbero scatenarsi esseri disincarnati e troll repellenti e invece è la notturna, desolante natura ad avvolgerli come un sudario, nascondendo insidie e follie prettamente umane.
Di giorno invece una tenda abbandonata, un corpo nascosto in uno stagno, un delirio ancora da scoprire sono i babau che scatenano eventi infausti e imprevedibili.
Ancora una volta il cinema nordico dopo Dead Snow, Trollhunter e Valhalla Rising ci consegna un altro capolavoro espressivo e dalle molteplici interpretazioni e chiavi di lettura.
E soprattutto ci regala dei sani brividi dietro la schiena, come li provai io anni fa mentre cercavo di raggiungere, nel folto intrico di un bosco di montagna, l'auto che mi avrebbe riportato finalmente a casa.
2 commenti:
Hai ragione solo ad un regista del Nord Europa poteva trattare la materia in una maniera del genere.
Noi mediterranei abbiamo da tempo perso questo contatto con la natura.
Complimenti per la tua esperienza, io ho fatto un tentativo del genere, purtroppo parzialmente rovinato dal fatto che ero in gruppo.
Sicuramente noi mediterranei abbiamo una visione diversa della natura vivendo molto spesso in zone poco isolate e quartieri ultra affollati.
Per quanto riguarda la mia "avventura", un giorno ti racconterò ;)
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