sabato 29 giugno 2013

WORLD WAR Z - MARC FOSTER (2013)




































Mi era già capitato tempo fa di leggere pareri durissimi sul web per il prequel de “La Cosa” di Carpenter salvo poi rimanere assolutamente stupito (per tanta negatività profusa a piene mani domandandomi cosa realmente ci fosse dietro...) e soddisfatto dalla visione del film. Ma partiamo dall'inizio: “World War Z” di Marc Foster è “basato” (c'è scritto anche nei titoli iniziali) sull'acclamato romanzo di Max Brooks. Prende l'idea di base del libro ma va per conto proprio. Un dettaglio così scandaloso da pregiudicare da subito la visione del film? Non penso... Gli esempi sono tanti nella storia del cinema e “World War Z” in tal senso non ha nulla da farsi perdonare. Il cinema è una cosa, i romanzi sono un'altra cosa. Basterebbe leggere un qualsiasi manuale di sceneggiatura per capire che non sempre tutto quello che viene scritto su carta può trovare una fedele riproposizione su pellicola cinematografica.
Se siete in grado di somatizzare questo piccolo particolare allora potrete leggere il resto della recensione.
Se siete invece degli assoluti sostenitori della riproposizione scena per scena del romanzo di Brooks sul grande schermo allora mi sa che la lettura del post finisce qui (e grazie lo stesso!).
Il film di Foster ha un grandissimo pregio che poi diventa anche un grandissimo difetto: parte lento, lentissimo, ma poi carica suspense su suspense attraverso alcune trovate “action” di sicuro appeal emozionale (le mie preferite sono l'assedio di Israele e il “fattaccio” dell'aereo). Poi all'improvviso tutto si ferma. Si deve trovare il bandolo della matassa per giustificare l'epopea del protagonista (un Brad Pitt composto ma convincente) e allora la sceneggiatura vira verso soluzioni semplicistiche (un esempio? L'aereo che si schianta quasi nei pressi del centro medico di Cardiff. Troppo semplice, troppo facile) e tutto quello che ci aveva stordito e esaltato in precedenza diventa narrazione “di maniera” con annesso lieto fine.
Siamo nel 2013 e abbiamo visto centinaia e centinaia di film sulla fine del mondo e una soluzione del genere non è più ammissibile a meno che non si voglia strizzare l'occhio a un pubblico molto giovane e alle famiglie. In tal caso la mancanza di scene “gore” che da sempre caratterizzano il filone “Zombie” avrebbe un'adeguata spiegazione.
Tocchiamo ora due argomenti che hanno creato scompiglio nel popolo del web tanto da decretare il fallimento assoluto di “World War Z”:
1)La marea di zombie “digitale”
2) La partecipazione di Pierfrancesco Favino al film.

1)Indubbiamente c'è qualcosa da perfezionare, magari nel sequel del film, (e ricordiamo che l'espediente è quantomeno inedito quindi perfettibile) ma da qui a condannare la cosa ce ne passa. Basterebbe avere un po' di elasticità mentale per capire che la marea ha un suo perché sia in sede di sceneggiatura che come impatto visivo (ricordiamo che il film è anche in 3D). Nell'assedio di Israele questa marea di Zombie, a mio avviso, crea situazioni davvero coinvolgenti e esaltanti. E non siamo poi così lontani da film quali “28 Giorni dopo” o “28 Settimane dopo”.

 2)In un periodo in cui si deve essere per forza mediocri e livellati al grigiore comune non mi sorprende affatto leggere commenti di persone che ironizzano si lamentano della partecipazione di Favino a un film americano adducendo le scuse più maligne o maliziose a seconda dei casi. Personalmente io sono fiero che un attore del mio paese abbia recitato in una della scene più importanti del film accanto a Brad Pitt. Niente da segnalare in negativo: fa il suo mestiere e lo fa senza sbavature o errori madornali. Fatevene una regione se potete...

In conclusione “World War Z” è un vero e proprio “kolossal” sugli zombie (forse il primo in assoluto nel cinema horror) che pur mostrando una luce sfavillante ha ancora molte ombre da dissipare, attendendo il sequel.

mercoledì 19 giugno 2013

VAMPIRE ROCK























Con un titolo del genere non potevamo non segnalare il nuovo ebook di Luigi Milani, ottimo scrittore di Rock & Horror di cui avevamo recensito tempo fa il romanzo "Nessun Futuro".

Per tutti gli appassionati del genere di cui sopra un'uscita imperdibile che potete scaricare a questo link a soli 0,99 euro.

Sinossi: 
Willy e Tony, squinternati studenti universitari appassionati di letteratura gotica, fondano una Loggia poetica, “I Poeti Sanguinari”. Loro intento è non tanto la diffusione della poesia, quanto entrare in contatto con ignare, possibilmente procaci, studentesse per motivi facilmente intuibili. Con un colpo di fortuna entrano in contatto con Lilith Murray, celebre rockstar che si richiama apertamente all’iconografia vampirica. I ragazzi avranno l’onore di incontrare l’artista… E niente sarà più come prima.

sabato 15 giugno 2013

IL CAPRONE FANTASMA






















Ci sono storie che da subito catturano l'attenzione della gente. 
Racconti di vita vissuta che, narrati dalla bocca del protagonista davanti a un camino scoppiettante o assemblati di prima mano su un sito (o blog) a tema, riscuotono da subito meraviglia e stupore,  sopratutto se collegati al lato misterioso dell'esistenza umana. 
E' così da secoli e lo sarà ancora tra mille anni. 
Le storie di fantasmi, di strane apparizioni, di fatti assurdi e paurosi, fanno parte dell DNA dell'uomo comune e, al di là del modernismo esasperato di questo ultimi anni, troveranno sempre il loro spazio nel tessuto culturale del nostro paese. 
Una cosa che in un certo senso mi rassicura e mi esalta allo stesso tempo.

Ieri mattina, condividendo per l'ennesima volta su Facebook il mio post sul Serpente (Po)meridiano (tra i più letti e apprezzati in assoluto) sono stato contattato da Nicola, un ragazzo sardo, che subito è rimasto colpito dal resoconto inverosimile e grottesco della storia di cui sopra.
Dopo alcune battute, Nicola mi ha messo a disposizione una sua vicenda personale molto particolare: un racconto inquietante che sembra uscito dalla penna di H.P.Lovecraft (ricordate "Il Cane"?).
Col suo gentile consenso (e lo ringrazio di cuore per la disponibilità e l'entusiasmo) sono lieto di presentarvi la storia del "Caprone Fantasma", ambientata nel sud della Sardegna, e raccontata in prima persona dal suo protagonista.
Buon divertimento.

"Vi racconterò un fatto che mi è capitato di recente: rientravo in auto da un paese vicino e sulla via del ritorno ho notato nella campagna circostante una strana costruzione.
Era abbastanza lontana e poco visibile dato che ormai stava incalzando il crepuscolo ma da subito colpì la mia attenzione. A malincuore mi ripromisi di fare un sopralluogo il giorno successivo anche perché sono un fanatico di ruderi,vecchie chiese e soprattutto di cimiteri abbandonati e non me la sarei fatta scappare per niente al mondo. Avevo il forte sospetto che si trattasse di un cimitero abbandonato e tornato a casa mi misi subito a controllare su Google Map per cercare la strada più sicura e soprattutto per capire cosa potesse essere quell'edificio così enigmatico.
L' indomani mi recai in quella zona desolata e, percorrendo una solitaria strada di campagna, avevo l'assoluta certezza che mi avrebbe portato dritto al cimitero.
All'improvviso in mezzo al sentiero comparve un grosso montone bianco che mi fissava con aria minacciosa. Solitamente le pecore appena vedono una persona scappano; questa invece mi fissava negli occhi quasi sfidandomi. E posso assicurarvi che  i maschi delle pecore allo stato semi brado sono tutt'altro che dall'aspetto tenero e timido. Immaginate una pecora imbottita di steroidi con il viso dai tratti maligni...Comunque questo grosso pecorone all'improvviso cambiò direzione e scomparve nel nulla.
Rimasi attonito ma proseguii lo stesso la mia ricerca.
Purtroppo non trovai nulla che faciesse pensare a un edificio sacro: solo rocce e cespugli.
Percorsi al contrario la strada che mi aveva portato in quei luoghi e dopo circa 500 metri notai finalmente, al lato della strada, una lunga e antica muraglia.
Inizialmente non l' avevo vista perché era ben nascosta dalla vegetazione. Subito scesi dalla macchina e proseguii a piedi.
Non avevo più dubbi: si trattava di un vecchio cimitero di campagna.




















Eppure tutto questo non aveva senso: si trattava di un agglomerato enorme e totalmente abbandonato da tempo!
Mi recai all'ingresso del cimitero per scattare qualche foto e mi accorsi ancora una volta di una presenza alquanto insolita: il montone, visto in precedenza, era comparso nel cimitero e mi fissava ancora immobile.
Un brivido mi percorse la schiena!
Immediatamente iniziai a pensare a qualcosa di superstizioso, di misterioso e allo stesso tempo temei che l'animale potesse caricarmi a colpi di corna.
In tutta onestà in quel frangente avrei preferito avere a che fare con un cane e non con quel caprone...
Ricordo ancora tutto: mi fissava minaccioso all'ingresso del cimitero emettendo belati profondi e gutturali...Ormai rro pronto al peggio!
E invece tutto d'un tratto cambiò direzione e scomparve nuovamente
In seguito, attraverso alcuni studi personali, ho scoperto che quel cimitero era stato costruito all'epoca del fascismo, ma non era mai stato utilizzato.
Fortunatamente sono riuscito a immortalare quella bestia in alcune foto (vedi sopra).
In ogni caso posso testimoniare che l'atmosfera del cimitero era davvero paurosa: nessun essere umano nei paraggi, il sole che cominciava a calare e, nonostante fosse una bella giornata, una luce sinistra a illuminare il tutto.
Un'esperienza che non dimenticherò tanto facilmente.

mercoledì 12 giugno 2013

TRACK BY TRACK: ABORYM - DIRTY (AGONIA RECORDS, 2013)





















È uno degli album più attesi di questo 2013.
“Dirty” il primo doppio album della carriera degli Aborym, storica industrial extreme metal band dalla spiccata vocazione internazionale e mosca bianca del panorama italico già dal primo inimitabile album “Kali Yuga Bizarre”. 
Capitanati dal prode Fabban, praticamente uno dei pionieri della musica estrema in Italia, e dall'ex batterista degli Emperor Faust, gli Aborym hanno costruito nel tempo una reputazione fortissima e ambita tanto che all'estero si sprecano i commenti positivi di fan e addetti ai lavori su tutta la loro discografia.
Il percorso artistico dei nostri, iniziato nel lontano 1993, è stato caratterizzato da una significativa e affascinante evoluzione sonora che partendo dall'Industrial Black (e sono davvero pochi i gruppi che portano ancora avanti un genere mai toccato dal trend) è arrivato fino alle più recenti sperimentazioni elettroniche.
“Dirty” da queste parti è un album molto, molto atteso ed è nostro compito raccontarlo per intero attraverso un certosino track by track:

CD 1
Irreversible Crisis – Passato in anteprima mondiale a Moshpit, il primo brano del disco parte con atmosfere “lynchiane” per sfociare in sonorità "extreme" al cardiopalma. Bello l’interludio melodico centrale che sembra aprire nuovi spiragli sonori e territori inediti ancora da esplorare nel settore elettronico/industriale.

Across The Universe – Un viaggio interplanetario tra gelide stelle irraggiungibili e pianeti inesplorati. Fabban sperimenta molto con le vocals, ricche di pathos interpretativo, in modo da narrare al meglio le varie tappe del suo viaggio in un universo freddo e inospitale.

Dirty - Già dal titolo si intuisce l’intento dei nostri: elettronica e metal estremo fusi insieme come colonna sonora delle brutture del mondo. Uno degli hightlights assoluti del disco.

Bleedthrough – Cadenzata, atmosferica, ctonia. Un altro viaggio nelle regioni oscure dell’animo di Fabban dove Black Metal e suggestioni industrial creano l’ibrido perfetto per farvi sanguinare le orecchie.

Raped by Daddy – Attacco epico molto anni ’90 (mi ha ricordato i vecchi Covenant) ma poi subentrano i veri padroni (Aborym) e il brano è un concentrato di glaciale cinismo (vedi titolo) in musica. 

I Don’t Know - Gran pezzo! Psichedelia elettronica e symphonic black fusi mirabilmente come se “Kali Yuga Bizzarre” fosse stato composto sotto Lsd. Da segnalare un altro intermezzo melodico di Fabban con vocalizzi ancora inediti e stavolta melanconici.

The Factory Of Death – Come può essere musicata una Fattoria di Morte? Suoni sinistri, soffitti gocciolanti e poi la violenza dura e pura del metal più cinico e esasperato. Alienante il ponte “ambient” del brano prima di sfociare nuovamente nel sangue. Capolavoro.

Helter Skelter Youth - Ritmata, coinvolgente, dal flavour quasi rock. Gli Aborym alla conquista di un pubblico più vasto? Tranquilli la sfuriata extreme è sempre in agguato.

Face The Reptile – Brano che ricorda molto la loro precedente produzione almeno all'inizio. Ma Fabban non ha lasciato niente al caso ed ecco ancora stranianti intermezzi elettronici e vocals filtrate e acide. Altro highlight del disco.

The day that the Sun Stopped Shining – Ancora attacco black metal (una goduria!) perché quando il sole non risplenderà più sulle nostre teste l’oscurità, quella vera, potrà essere raccontata solo con sonorità infernali. Intermezzo grandioso come se i Pink Floyd fossero annegati in un mare nero come la morte. Finale ambient degno di un film post atomico.






















CD 2

Fire Walk With Us (New Version) – Uno dei capisaldi black del nuovo millennio con una produzione terremotante. Mi sono quasi commosso!

Roma Divina Urbs (New Version) – Vale lo stesso discorso fatto sopra: la quintessenza di un periodo che, ahinoi!, non tornerà mai più e che quindi va celebrato con tutti i crismi, in modo che le nuove generazioni possano riconoscere i pionieri dai semplici prosecutori; i vincenti dai perdenti.

Hallowed Be Thy Name (Iron Maiden) – Cover divertentissima e indovinata che seppur mantenendosi nella gabbia stilistica dell’originale viene arricchita di tutte quelle suggestioni elettroniche e extreme industrial che la rendono un unicum davvero ispirato. Meraviglia!

Confortambly Numb (Pynk Floyd) – Prima li avevamo citati e Fabban & soci ci presentano la loro versione di un classico immortale. Se il brano originale donava pace, conforto, la versione degli Aborym ha qualcosa di sbagliato, di distorto che fa accapponare la pelle. Un velo malinconico dal sapore amaro come a voler raccontare gli ultimi giorni dell’umanità.

Hurt (Nine Inch Nails) – Fabban tributa Reznor con trasporto e passione. Sorprende ancora una volta ascoltare questo pioniere dell’estremo alla prese con un blues crepuscolare e melanconico.

Need For Limited Loss – In questo doppio album dove gli Aborym presentano un caleidoscopio di suoni e immagini differenti, il capitolo conclusivo viene affidato al brano forse più oscuro e back in time di tutto il lotto. 100% extreme metal senza compromessi, dalle atmosfere sulfuree!
“Dirty” è un viaggio avvincente tra sperimentazione e tradizione, passato e presente, con un occhio puntato verso un futuro (il nostro) mai così ombroso e terribile.
E gli Aborym ci saranno ancora per affidargli una degna colonna sonora.

COMUNICAZIONE IMPORTANTE

COMUNICAZIONE IMPORTANTE: c'è una non identificata persona che sta cercando di vendere ai miei contatti spazi pubblicitari sul mio blog IL MONDO DI EDU.
Il sottoscritto NON vende spazi pubblicitari né qualsiasi altro tipo di visibilità.
La persona di cui sopra NON è stata autorizzata dal sottoscritto e si tratta di una TRUFFA bella e buona. Se qualcuno di voi ha ricevuto mail in tal senso è pregato di contattarmi in privato.
Valuterò anche un'azione giudiziaria in tal senso.

lunedì 10 giugno 2013

BLACK SABBATH: VIDEOCLIP AUTOCELEBRATIVO


Continuiamo a parlare di "13" il nuovo controverso album dei Black Sabbath con Ozzy, dopo oltre 30 anni di spasmodica attesa.
Arriva anche il videoclip ufficiale (vedi sopra) di "God is dead?" (primo singolo estratto dal disco) e non a caso sono facilmente individuabili vecchi spezzoni della band con Ozzy dietro al microfono (quelli dei 70s per intenderci) che si frappongono a estratti live più recenti .
Non solo: nel clip si susseguono immagini di varie guerre (tema caro a un album come "Paranoid"), di pianeti e costellazioni lontane e affascinanti ("Planet Caravan" ne parlava ampiamente nel testo), di colletti bianchi cinici e repellenti sullo sfondo di un mondo ormai in rovina, accentuando ancora una volta il tema della decadenza morale del progresso che annulla gli ultimi della società (rileggetevi il testo di "Hand Of Doom"!). E' ormai fuori ogni discussione che questo "13" sia autocitazione purissima!
Si tratta di un album che in qualche modo sembra voler chiudere un cerchio con i primi storici album ma, allo stesso tempo, non se ne allontana di un solo millimetro.
Rimane ancora valida la nostra riflessione sul "track by track" che abbiamo postato tra i primi in rete nei giorni scorsi e che sta viaggiando bene in termini di visibilità e di accessi.
C'è qualcosa in più: un brutto presentimento che, a nostro sindacabile giudizio, aleggia intorno alla pubblicazione.
"13" sembra rappresentare  l'Alpha e l'Omega del loro immaginario musicale. Ci sono rimandi visivi ben evidenti, assonanze musicali (vedi il brano "The End Of The Beginning") e tremendi deja vu sparsi ovunque
Da una parte è un fattore che di sicuro conquisterà moltissimi fan sparsi in tutto il mondo.
Dall'altra è una scelta che a nostro avviso inquieta non poco come, ripetiamo, a voler chiudere un cerchio artistico e tematico iniziato nel lontano 1970 con l'omonimo album.
C'è ancora futuro per i Black Sabbath nel nuovo millennio oppure è tutto finito? Iommi sarà ancora in grado di pubblicare un nuovo disco e sconfiggere la sua malattia? Ozzy avrà ancora la forza per calcare i palchi internazionali?
Staremo a vedere...
Intanto attraverso un comunicato stampa apparso sulla pagina facebook del gruppo, si è appreso che il concerto dei Black Sabbath previsto il 5 dicembre a Milano, non avrà luogo a causa di problemi logistici. Rimangono confermate tutte le altre date del tour. europeo.
Italia & Black Sabbath: un rapporto tormentato! Magari ne riparleremo...

mercoledì 5 giugno 2013

TRACK BY TRACK: BLACK SABBATH - 13 (VERTIGO, 2013)


Approfittando della disponibilità dell’intero album in streaming sul sito di Terrorizer, abbiamo ascoltato “13” il nuovo attesissimo album dei Black Sabbath e abbiamo deciso di pubblicare il nostro “track by track”.
Di seguito le nostre considerazioni in merito a un disco controverso, in bilico più che mai tra luci e ombre:

The End Of The Beginning – Il cerchio si chiude: se nel 1970 l’omonimo celebre album (e soprattutto il brano omonimo) aveva gettato le basi di tutto il Doom di lì a venire con “13” i Sabbath si auto citano (o meglio ancora si autocelebrano) con uno dei riff più duri e “funeral” che abbiano mai composto ed è un bel sentire! Peccato che il brano, nel momento in cui inizia a prendere vita, viene dilatato all’infinito e caricato di una serie interminabile di cambi di tempo. Se avessero rispettato la struttura di “Black Sabbath” sarebbe stato meglio. Il cantato di Ozzy non è il massimo ma vista l’età (e i problemi personali) accettabile.

God s dead? – L’arpeggio iniziale mi piace molto. L’attacco doom è meraviglioso. Poteva essere un altro brano perfetto per gli standard del gruppo ma viene nuovamente dilatato nelle atmosfere e nei cambi di tempo appesantendo l’ascolto.

Longer – Tony Iommi finora ha costruito dei riff portanti strepitosi (i migliori dell’era Ozzy da “Sabbath Bloody Sabbath”), ma si ha sempre l’impressione che Ozzy non dia il massimo su cotanta musica. Anche in questo caso ci si perde quasi in una jam session di soliste, arpeggi e cambi di tempo ed è difficile trovare il bandolo della matassa.

Zeitgeist – Atmosfere folk/tribali e una bella solista di Iommi alla fine. Anche in questo caso Ozzy sembra fuori contesto. Poco da aggiungere…

Age Of Reason - Brano durissimo che piacerà soprattutto agli amanti dei Black Sabbath più “metallici”. Stavolta sembra che tutto combaci alla perfezione. Ozzy sembra essere nel pezzo: finalmente!

Live Forever – Travolgente l’attacco iniziale (già immagino eiaculare un milione di cloni nel mondo…) molto, molto Black Sabbath. Poi diventa troppo simile a “God is dead?” e qualche riff (e qualche vocalizzo) di troppo vanificano la buona partenza.

Damaged Soul – Altra ottima partenza (scommetto che Hatfield esclamerà: “Perché non l’abbiamo fatto noi ai temi di Load/Reload?”). Atmosfere fumose, molto 70s. Poi il brano cambia registro e ci si imbatte nell’ennesima “fuga strumentale” di Iommi. Perché?

Dear Father – Ennesima ottima partenza (praticamente è il leit motive del disco; la chiave di comprensione dei pregi e dei difetti di questo disco). Quando entra Ozzy sembra di assistere a uno scontro d’intenti tra Iommi (che carica il brano di epicità e di pathos) e Ozzy (che sembra volerlo affossare a tutti i costi).

In chiusura campane a morto, pioggia, tuoni (parlavano di auto citazione no?) e la tremenda, angosciosa sensazione che con “13” il viaggio dei Black Sabbath nel mondo terreno sia giunta davvero a conclusione. Un disco con due anime; con pregi molto evidenti e difetti altrettanto evidenti.
Un ultimo epico tentativo (a mio avviso riuscito solo a metà) di trasportare il mito degli anni d’oro nel ventunesimo secolo.
E si sa il Mito è da sempre sfuggente, imprendibile.

martedì 4 giugno 2013

L’AUTUNNO DI MONTEBUIO – DANILO ARONA, MICOL DES GOUGES (NERO PRESS, 2012)























Sono anni che seguo il percorso artistico di Danilo Arona, “Il Vampiro di Bassavilla”, così come l’ho definito nel box a destra del blog.
Un percorso unico che mi ha portato in luoghi distanti e paurosi quali autostrade infestate, brumose lande colme di misteri e fatti inquietanti, piccoli paesi abbarbicati su monti sconosciuti ai più e teatro di mali al di là dell'umana comprensione. Nell'ultimo caso sopra esposto parliamo nuovamente di Montebuio (di cui avevamo parlato approfonditamente qualche tempo fa) , la “Twin Peaks” dell'autore alessandrino dove paure prosaicamente terrene (la scomparsa di tre bambini; cosa c'è di più terribile al giorno d'oggi?) e visioni da una dimensione “altra” (fantasmi, visioni, apparizioni, profezie) si mescolano mirabilmente in un affresco narrativo di grande efficacia e passione viscerale.
Questa volta Arona non è solo: come a voler rendere ancora più incisive ed efficaci le descrizioni e i sentimenti di un ragazzino del 1962, si serve dello stile minimale e diretto di Micol Des Gouges, autrice al suo esordio nel mondo dell'editoria.
È un'assoluta novità per chi come il sottoscritto ha letto tanto dell'autore di Bassavilla. Su questo Arona ha avuto molto coraggio e intraprendenza: riprodurre artificialmente il diario di una decenne è un conto, affidarlo a una giovane artista, colma di passione e autentica immedesimazione è un'altra. La scelta della seconda strada è, a mio avviso, imprevedibile e assolutamente vincente!
Se “L'estate di Monetbuio” era un romanzo thriller dal forte appeal orrorifico dove lo smaliziato autore che tutti ben conosciamo era bravo a costruire una trama a incastro ricca di colpi di scena, “L'Autunno di Montebuio”, pur condividendo la medesima ambientazione (ritorna anche la spettrale colonia che tanto ci era piaciuta nel libro Gargoyle) è un lavoro visionario, onirico, sottratto a qualsiasi canovaccio letterario o scenografico conosciuto in precedenza.
Arona & Des Gouges si fondono insieme e quello che ne viene fuori è estraniante e ancora più pauroso. I pensieri di un ragazzino di fronte al grottesco, al perturbante, è un universo emozionale che lascia attoniti, spiazzati. Ed è su questo espediente che deve basarsi tutta la lettura del libro. La purezza della gioventù di fronte alla purezza dell'orrore: se ci pensiamo bene sono due forme/pensiero che vanno assolutamente a braccetto ed hanno elementi comuni facilmente identificabili.
Ma “Il Vampiro di Bassavilla” non perde il “vizietto” ed ecco quindi tornare tra le fitte pagine del romanzo gli elementi classici di quella “Rock Horror Fiction” che a queste latitudini apprezziamo parecchio.
Da una parte il 1962 è un anno ricco di simboli e di suggestioni, dove accaddero eventi epocali quali la morte di Marylin Monroe o la nascita dei Beatles; l'anno in cui Jo Meek, pioniere della musica psichedelica, pubblica “Telstar” (eseguita dai Tornados), una canzone strumentale che può essere considerata la colonna sonora ufficiale del romanzo.
Dall'altra gli elementi orrorifici della poetica “aroniana” ritornano in grande stile: pensiamo all'epilogo apocalittico e mistico, fra allucinazioni collettive, stupefacenti “apparizioni” di soldati americani e missili lanciati in direzione di Montebuio. Insomma l'apocalisse delle anime e dei corpi da sempre teorizzata dal nostro in vari scritti.
“L'Autunno di Montebuio” è l'ennesimo avvincente tassello in un mosaico ombroso che ritrae mirabilmente l'assoluta celebrazione del Male.
 In questo Arona è da sempre un indiscusso maestro.

sabato 1 giugno 2013

MOSHPIT: PODCAST & GREAT NEWS



Di seguito i nuovi podcast di Moshpit

Featuring: Industrial Extreme Metal Special with Fabban (Aborym)

Featuring: Cadaveria, Ecnephias, Penis Leech etc.

Featuring: Jester Beast, Classic Metal Special

Featuring: DGM, Bifrost, Progenie Terrestre Pura

Inoltre prevista per la puntata di Giovedì 6 Giugno 2013, un'intervista in esclusiva al "Negromante del Rock", Steve Sylvester (Death SS), per parlare dell'atteso come black discografico "Resurrection".