Autore: Maria Galella
Titolo: I corvi e i campi di grano.
Natrusso Communication Editore, 2007.
Maria Galella, giovane autrice pugliese, esordisce nel business letterario con una serie di racconti molto eterogenei sia come ispirazione che come stile di scrittura.
Proprio quest’ultimo si caratterizza per un’impronta molto sperimentale sia per quanto riguarda la descrizione dei protagonisti (che sembrano quasi “ombre” in un mondo ancestrale fatto di paure e inquietudini) che la struttura di base dei racconti i quali possono essere divisi in due tronconi tematici:
uno propriamente Gotico/horror;
l’altro nero/autobiografico.
Io, per deformazione professionale, ho apprezzato soprattutto quelli del primo filone:
“La stagione della caccia” - è il mio preferito in assoluto ove l’autrice con poche ma incisive pennellate descrive la sua terra attraverso miti, leggende e una bella dose di gotico letterario.
“Corvi sul campo di grano” – ho apprezzato molto l'ambientazione contadina e l'idea della chiesa abbandonata e “maledetta”, idea che ho usato anch'io in passato per un mio racconto. Veramente coinvolgente.
“Milica” – è invece una storia terribile e horror sullo stile “Melissa Parker” ( Danilo Arona).
“Mia sorella” – mi è sembrato una sorta di metafora sulla schizofrenia o almeno questa è la sensazione che ne ho tratto dalla lettura.
“I Bambini “- ho notato addirittura un influsso “kinghiano” trasportato nella nostra realtà meridionale e soleggiata. Ottimo spunto.
Del secondo filone ho apprezzato soprattutto “Novembre”, dove alcuni (credo) elementi autobiografici della Galella si fondono coninterpretazioni di situazioni al limite della normalità, forse con una vena di psicanalisi.
Si tratta di frammenti di esistenze alienate e di frustrazioni non solo esistenziali ma anche sociali, più "rappresentate" che "raccontate"( come dice la stessa autrice).
Il collegamento con l'horror e il nero si nota solo marginalmente, magari per l'inserimento di qualche elemento apparentemente sovrannaturale. Insomma si tratta di soluzioni alternative alla classica narrativa di genere, sicuramente di non facile commercializzazione e fruizione.
Comunque intravedo in queste sperimentazioni un “germe” di originalità che, se coltivato ed affinato, potrebbe portarla ad un livello superiore rispetto alla monotona e prevedibile letteratura nostrana.
Questo il mio augurio e il mio complimento più sincero.
Infine azzeccatissimo il titolo del libro che mi ha ricordato un certo Edgar Allan Poe.
E quando si tocca il maestro non posso che inchinarmi.
Disco in sottofondo: Darkthrone "Under a funeral moon"
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