In una mia vecchia recensione a una controversa antologia sui Vampiri, pubblicata sempre da Coniglio nel 2009, avevo così definito uno splendido racconto dell’autore romano:
“Il Prossimo” di Paolo d’Orazio è l’assoluto capolavoro del libro. La forma/immagine è quella di un fanatico del Death Metal (Morbid Angel in primis) che dopo aver visto per la centesima volta “L’Esorcista” e “La Profezia” decide di scrivere un racconto horror nella sua notte più buia e solitaria. Qui tutto è visione nel senso di infestazione ma anche di ricordo. Sembra quasi che l’autore, invece di parlare di un essere di altri mondi, abbia parlato del “suo” mondo. Un microcosmo di religiosità distorta, malattia, solitudine e trascendenza (verso il basso non verso l’empireo). E allora il Vampiro per Di Orazio è metafora di dolore e di conforto nel male perché riconoscibile e quindi di sublime materialità”.
Non so se Di Orazio abbia tenuto a mente queste mie parole nella stesura del suo nuovo romanzo “Vloody Mary”, uscito da pochissimo nelle librerie, ma sono rimasto notevolmente sorpreso e estasiato nel ritrovare nuovamente il personaggio di Padre Sebastiano, parroco porfirico, nonché divoratore di anime che poi espelle in forme rivoltanti (già presente nel racconto “Il Prossimo”), e soprattutto una estesa e competente citazione di brani e gruppi horror rock, tra cui quei Morbid Angel, citati poco prima.
Coincidenza? Non credo…
Inevitabile tirare in ballo la Rock Horror Fiction di kinghiana (o anche barkeriana) memoria, dopo averne già ampiamente parlato in merito ad alcuni romanzi di Danilo Arona, Mario Gazzola e Luigi Milani.
Di Orazio è un metallaro (o un rockettaro) che scrive di Horror: poco ma sicuro!
E “Vloody Mary” è un romanzo splatter, oscuro, esagerato, violento che incarna in pieno lo spirito e l’estetica di certi dischi anni ’80, primi anni ’90, rigorosamente in vinile.
Volete una prova? Attingendo a piene mani dalle fitte pagine del libro, cito in ordine sparso: Morbid Angel, Carcass, Sepultura, Megadeth, Metallica, Billy Idol, Skid Row, Black Sabbath, Motley Crue, Type O Negative, Misfits, Obituary, Bathroy e tonnellate di altra (buona) musica.
Di Orazio trascina nella sua perversa narrazione tantissimi gruppi e album memorabili e ovviamente lo fa con cognizione di causa. Solo chi conosce gli abissi del Metal infernale può addentrarsi nel sottobosco ombroso e impervio di quel delirio chiamato Horror Rock e ritornarne, brandendo tra le mani insanguinate, un’opera luciferina e controversa.
L’autore conosce appieno i segreti per poterlo fare. Non a caso nel periodo storico/musicale, testé menzionato, curava in prima persona sulla nota rivista a fumetti “Splatter” la rubrica “Radio Virus”, contenitore sul rock/metal a 360°, che può essere considerato come antesignano della sezione horror rock, sviluppata poi da Stefano Marzorati per “L’Almanacco di Dylan Dog”.
Coincidenza anche questa? Assolutamente no!
Come afferma lo stesso autore sul (mio) saggio “Horror Rock. La Musica delle tenebre”:
Dato di fatto è l'imprescindibilità tra le atmosfere plumbee dell'hard rock (nel senso più espanso del termine) e l'horror da leggere. E ai lettori fa molto piacere confrontarsi su un tema caro come la musica. L'horror non piace a tutti, la musica sì. Quindi, essa può essere considerata un prezioso veicolo per accompagnare quei detrattori alla scoperta del piacere del brivido. Nel mio ultimo libro Che hanno da strillare i maiali? (dedaedizioni.com) ho associato ad ogni racconto una canzone. Non è stato facile realizzare una selezione, poiché la musica è la sequenza alternata del mio codice genetico e i racconti sono solo nove, però ho inserito i Dead Can Dance, i Queens Of The stone Age, Peter Hammill e gli italiani Ufomammut per amplificare (è il caso di dirlo) la percezione delle vicende che ho voluto narrare.
Insomma la commistione tra musica e narrativa di genere non è di certo una novità nei libri di Di Orazio e nel suo operato di fumettista e di critico..
Ma “Vloody Mary” non è solo questo. “Vloody Mary” è anche un racconto horror che deve tantissimo allo stile sanguinario di Barker (ricordate? Siamo ancora alla fine degli anni ’80…) ma nello stesso tempo lo supera per inventiva atroce e orrorifica. In tal caso non può che essere l’ Apocalisse dei corpi, del sangue, delle membra spappolate ad opera di un licantropo nostrano che sembra fuoriuscito dal film di Landis, “Un Lupo Mannaro Americano a Londra” (ancora anni ’80!). C'è una sorta di purezza primigenia nel raccontare la morte in modi tanto crudeli (un po' come i Carcass di "Symphonies Of Sickness", citati ancora nel libro). Non si può essere ambigui e parlare di ossa, vene, mutilazioni e squartamenti assortiti. Certe cose (che si agitano e sibilano) devi averle dentro per poterne parlare.
Non solo: il romanzo è anche la storia toccante, profonda, crepuscolare di un amore totale ed estremo che come tutte le passioni travolgenti ha a che fare con la morte, il dolore, lo spasmo, il rimpianto ma sempre nello stile “metal/splatter” dell’autore romano.
C’è tantissima carne al fuoco e gli amanti dei due generi ampiamente sviscerati (Rock & Horror) troveranno pane (o meglio sangue!) per le loro zanne appuntite.
In attesa di leggere i nuovi romanzi di Danilo Arona e Claudio Vergnani è “Vloody Mary”, per ora, il romanzo italiano del 2011 secondo IL MONDO DI EDU.
Fatelo vostro, chiudete le tende e accendete il giradischi!
4 commenti:
A suo tempo anch'io lessi La Sete e son d'accordo con te sul "controversa"... Ora "Vloody Mary". Beh, amo il rock e un po' meno lo splatter (le mie immagini del terrore hanno bisogno di più "nero" e meno "rosso") però... non so resistere ai vampiri! :)
grazie della dritta, insomma, e complimenti come di consueto per la recensione: alla vigilia della partenza per le selve slovene, un libro in più da mettere in valigia.
Grazie mille Violange.
Un abbraccio e buone vacanze.
A presto!
Che bomba... vedo di recuperare! Grazie.
Ciao Eddy.
Bentornato! ^__^
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