martedì 22 dicembre 2009

BUFFALO 66 ( VINCENT GALLO - 1998)


Regia: Vincent Gallo.
Attori: Ben Gazzara, Christina Ricci, Vincent Gallo, Anjelica Huston, Rosanna Arquette
Genere: Drammatico
Anno: 1998. – USA

Sinossi:
A Buffalo (New York), sede della squadra di football più sbeffeggiata degli Stati Uniti, il nevrotico Billy Brown ( Vincent Gallo) esce di carcere – dopo cinque anni per un reato che non ha commesso – con un'idea fissa: vendicarsi di un giocatore dei Buffalo Bills, indiretto responsabile delle sue disgrazie. Vuole ucciderlo e poi uccidersi. Appena fuori nella ricerca di un bagno finisce in un bowling e sequestra una ragazza (Christina Ricci) per prenderle la macchina.

Considerazioni:
Vincent Vito jr Gallo (Buffalo, 11 aprile 1961) attore e regista statunitense, oltre che pittore, musicista e modello di origine italoamericana, poteva diventare un stella fulgidissima nel grigio emisfero hollywoodiano.
Con la sua faccia spigolosa e le dichiarazioni al fulmicotone su colleghi e registi poteva diventare un’icona Hard Rock anni 80.
Ma Buffalo 66 è uscito solo nel 1998.
Vincent Gallo, barba incolta, capelli lunghi alla Manson e un’immensa passione per il lato alternativo del Rock ( ha suonato la chitarra in diversi progetti) poteva diventare il messia grunge del cinema indipendente.
Ma Kurt Cobian si è sparato in faccia nel 1994.
I Soundgarden hanno pubblicato il loro album ( moscio) d’addio nel 1997
Layne Stanley si è ormai chiuso in casa con la sua amata sposa ( l’eroina) dopo aver cantato in precario equilibrio psicofisico il suo ultimo concerto con gli Alice in Chains (l’ Unplugged del 1996).
E Buffalo 66 è uscito solo nel 1998.
Fuori tempo massimo.

Insomma parliamo di un film uscito nel bel mezzo del nulla.
Non c’è una corrente culturale a cui aggrapparsi.
Non c’è una moda del momento su cui ti puoi adagiare e guadagnare qualche dollaro in più.
Vincent Gallo ha solo la sua vita e una passione smodata per l’arte in ogni sua forma.
E sceglie il cinema per parlare di sé e del suo amore tradito per i genitori.
Perché se vogliamo trovare immediatamente il tema portante di questo film allora dobbiamo partire dal rapporto sofferto genitori/figli.
Billy Brown ( alter ego di Vincent) nasconde la detenzione in carcere ai suoi genitori e convince un amico a spedire delle lettere scritte di suo pugno durante le feste fingendo di avere un lavoro presso il governo.
Uscito da galera oltre a cercare la vendetta sequestra una povera ragazzetta ingenua ( una grassa, impacciata e irriconoscibile Chistina Ricci) per prenderle la macchina.
Fin qui tutto chiaro.
La rabbia dell’emarginato, del disilluso, del tradito.
E Gallo ha tutte le carte in regola per interpretarlo con lucida follia.
Questo fin quando non subentra il senso di colpa verso i genitori.
Il cordone ombelicale immerso nel cianuro
Un sentimento che lo sconvolge e lo porta a simulare, a fingere, a recitare.
Un film nel film.
Billy porta la povera ragazza a casa dei suoi genitori e le chiede di fingere di chiamarsi Wendy Balsam e di essere sua moglie.
Lei accetta e Billy riesce a convincere i suoi che è ricco e felicemente sposato.
Tutta la scena trabocca ironia e come tale è la parte più amara e surreale della pellicola.
Ma la visone di Gallo non è solo frustante finzione al servizio di sentimenti atavici di abbandono e amore non corrisposto.
Non è solo questo.
C’è anche dolcezza e un romanticismo da fiaba attorniato dal grigiore dei personaggi creati dall’autore italoamericano.
Dopo l’incontro traumatizzante con i genitori, Brown porta la ragazza in albergo.
Lei ci sta.
Nel suo ingenuo candore lo idealizza come una sorta di angelo caduto.
Non avverrà nulla.
Brown bisognoso di affetto ( mai ricevuto) le poggia la testa sul grembo e insieme riposano.
Quando lei si addormenta , Brown/Gallo esce dalla stanza per regolare i conti.
Mi fermo qui per non rovinare il finale ai lettori.
Ho ancora ricordi vividi del periodo in cui riuscii finalmente a beccare questo film (indipendente).
La nottata davanti alla televisione ( sintonizzata su Rai Tre) attendendo di registrarlo su una Vhs.
La visione della sera dopo ( una serata primaverile dolcissima) e una passeggiata notturna in solitaria tra le strade deserte del mio paese ragionando sul film.
“Buffalo 66” è di una potenza emotiva quasi imbarazzante.
E anche se Vincent Gallo non diventerà mai un grande cineasta o un attore amato dalla massa, la potenza espressiva delle sue idee è un testamento accettabile da poter lasciare ai posteri.
E col tempo brillerà di luce propria.
Ne sono sicuro.
Intervista a Vincent Gallo su Buffalo 66:
http://www.revisioncinema.com/ci_bu66.htm
Sito personale:
http://www.vincentgallo.com/

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