Articolo tratto dal peridico La Rete e dalla rivista letteraria Segreti di Pulcinella
www.segretidipulcinella.it
L’incontro con Franco Buffoni è uno degli eventi che ti capitano all’improvviso e che poi difficilmente si scordano. Sentirlo parlare di Leopardi e Keats nell’ambito del “Progetto Biblioteca” dove ha avuto un incontro con alcuni alunni dell’Istituto Polispecialistico Statale di Poggiomarino(Na) mi ha riportato indietro nel tempo agli studi classici e alle prime passioni. E poi per chi non lo conoscesse l’Autore è di grande notorietà nazionale e internazionale. Insomma quale occasione migliore per rivolgergli alcune domande…
Sir. Buffoni, se non le dispiace inizierei con una domanda semplice e insieme abbastanza personale. Come ha iniziato a scrivere? Che rapporto ha con la scrittura? Che significati dà al termine “ scrivere”?
Ho cominciato da giovane. Il primo racconto l’ho scritto che avevo otto anni. Diciamo che ci sono nato dentro. Poi il genere letterario è cambiato. Adesso sto tornando alla prosa dopo che parecchi decenni mi sono dedicato alla poesia. Ultimamente ho scritto un paio di libri in prosa (“Guerra”,2005, Mondadori; “Reperto 74”, 2008, Zona editore. Nda.)Mentre ho scritto otto libri di poesia. E’ chiaro che il genere letterario in cui mi sono espresso di più. Poi c’è la saggistica. Che cosa significa la scrittura per me? Non riesco ad immaginare la mia vita senza. Ma la scrittura intesa come studio, intesa come conclusione di un corso di studio e di riflessione che poi ti permette di scrivere quello che uno pensa, quello che uno elabora secondo i canoni di un genere letterario che poi sarà la saggistica, la poesia oppure la narrativa. Quindi direi che il libro come prodotto artistico è proprio l’ultima cosa che ho in mente. Io lo intendo come studiare, come imparare. Poi quando qualche cosa comincia a prendere forma allora diventa un libro. Io ho 60 anni quindi questa operazione col tempo è diventata meno innocente. Sai già che diventerà un libro mentre all’inizio non lo sapevi, questa è la differenza.
Lei vive a Roma…Di fronte al Vaticano. Sono i miei principali interlocutori! ( Risate generali) Con la sua Arte ha però girato tutto il mondo. Ma in Italia L’Arte come la intende l’Autore Franco Buffoni si respira ancora?
Ah certamente! Come fai in Italia a non respirare arte? Lo dicevamo anche stamane. Abbiamo il 70% del patrimonio artistico mondiale. L’Italia è l’Arte. Sono gli italiani che non ne sono consapevoli. Quando saremo consapevoli di questo potremmo apparire al picco del mondo perché le persone colte in tutto il globo desiderano venire in Italia per essere trattati con la dignità di chi viene perché ama il bello. E’ chiaro poi che se questo bello lo presenti male, con il motorino che passa, lo sporco, questo bello insomma glielo scempi… Se noi fossimo davvero attenti al nostro patrimonio, saremmo le persone più felici della terra. Grazie ai nostri predecessori, Greci, Etruschi, Latini, Bizantini etc, abbiamo questa grande fortuna. Dobbiamo solo esserne consapevoli e forse degni.
Ha tradotto per Mondadori poeti romantici come Byron, Keats, Shelley etc. Quali di questi grandi autori sente che ha ispirato maggiormente la sua arte e la sua visione della vita in generale?
Mah! guarda, tre poeti romantici che ho tradotto di più sono Keats, Coleridge e Byron, dove ho fatto dei libri singoli per ognuno. Influenzato? Bah! Tutto il movimento romantico è una miniera di scoperte, costantemente. Però facciamo omaggio a Keats. Ne abbiamo parlato anche oggi. Facendo il nome di Keats non si sbaglia mai.
Si dice che i poeti e gli scrittori ( ma anche i musicisti) siano esploratori di “altri” mondi che suscitano fascino e terrore allo stesso tempo. Lei ha trovato il suo mondo o lo sta ancora cercando?
E’ una bellissima domanda. Proprio l’altro giorno ho fatto un’altra intervista dove riflettevo sulle maturazioni poetiche che, non per tutti gli autori, avvengono nello stesso arco di tempo. Io ho avuto una maturazione poetica e artistica molto lenta. Credo di averla raggiunta dopo i 40 anni. L’ho raggiunta con il mio libro Il Profilo del rosa che esce per Mondadori nel 2000. Quindi avevo 40/45 anni quando lo scrissi. La mia maturazione è stata cadenzata. E’ stato un percorso. Adesso credo di averla raggiunta. Adesso sono consapevole di quello che voglio dire anche in arte. La ricerca non finisce ma ho comunque la consapevolezza di quello che ancora voglio scrivere. Ho il progetto dei miei prossimi libri. Sono consapevole. Senz’altro ho raggiunto la maturità molto tardi. D’altro canto esistono due tipologie di autori. Esistono i geni precoci come Rimabud che a venti anni ha già scritto tutto, Keats stesso e ci sono poeti come W. Stevens che invece dà il meglio di sé a 60 anni. Dipende da tante circostanze. Io credevo che la mia vita fosse più una vita di studio, mi sentivo più uno studioso che un’artista. Adesso mi sento più un’artista che uno studioso. Mettiamola in questi termini.
Io sono soprattutto un critico musicale e questa domanda mi viene automatica: le piace la musica?( Domanda retorica). Con quale tipo di musica accompagnerebbe la lettura dei suoi testi o delle sue poesie?
Non è una domanda così peregrina. Sono molto ampio nei gusti musicali. Vado dal melodramma italiano alla musica contemporanea e non disdegno il Jazz. Per esempio ho imparato l’inglese sulle canzoni d’autore, da adolescente. Sentivo cantautori tedeschi, francesi, e poi allora non c’erano tanti mezzi, tanti ausili e quindi so a memoria tante canzoni proprio perché mi piaceva imparare. Credo che il lavoro che fa un poeta è molto simile a quello che fa un musicista Jazz. C’è questa partitura e poi c’è la crescita. Io quando scrivo poesie mi accorgo che ho un canto nella testa, costantemente. Tanto è vero che se quella intonazione non l’azzecco, non c’è niente da fare, quel testo lo butto via. Non è una questione di metrica ma proprio di intonazione. E se passa troppo tempo non ritrovo poi l’intonazione e quindi il testo…Di solito lei propone le sue poesie con un tappeto musicale…Quando scrivo assolutamente la musica no! Nelle presentazioni si può fare di tutto soprattutto se ti pagano! ( Risate generali!).Quando ero ragazzino suonavo la chitarra dai! ( Ancora risate!) Mio nonno suonava il pianoforte e anche mio padre e mia sorella.Io non ero molto bravo.Ascolto invece tanta musica di vario genere, quando scrivo no! Non può esserci musica nella mia testa. Stacco telefoni, citofoni, tutto.Devo sentire suonare le parole.
Ultima domanda. Sir Buffoni io sono uno scrittore esordiente e un giornalista “senza portafoglio” come tantissimi in Italia. Come giudica la situazione attuale del mestiere di scrivere e se la sentirebbe di dare un consiglio ad un giovane che decide di misurarsi con questo tipo di ambizione?
Scrivere vuol dire tante cose: fare il giornalista su una gazzetta oppure mirare a scrivere letteratura dove ci sono vari generi di consumo: letteratura alta, letteratura di nicchia. Ad esempio io scrivo poesia che è già di nicchia e che tira 3000 copie. Al massimo fai una ristampa. Quando magari fai l’Oscar ( Mondadori) ti stampano ventimila copie etc. Quando sei in moto si procede con tirature più alte. Il pubblico, come diceva Leopardi, è molto crudele.Quindi l’argomento scrittura penso sia così ampio che non possa essere circoscritto ad una risposta unica. Dipende se vuoi fare il romanziere di grande pubblico alla Lucarelli, oppure se vuoi fare il poeta, lo sceneggiatore. Oggi c’è molta apertura verso la sceneggiatura.Credo che la scrittura presenti una gamma infinita di possibilità e tra loro molto diverse, estremamente diverse.
Grazie.
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