giovedì 29 gennaio 2009

Jeff Buckley : “Aspetto nel fuoco”


La prima volta che mi imbattei nella splendida e malinconica figura del musicista americano fu in un’anonima libreria di provincia.
Rovistavo tra vari libri e autobiografie in cerca di qualcosa che avesse colmato il vuoto e la noia di una serata d’inverno come tante.
Subito notai un nome a me praticamente sconosciuto in mezzo a due icone sacre e intoccabili , Jimi Hendrix e Jim Morrison:
Quel nome era Jeff Buckley.
Afferrai il libro con un misto di curiosità e interesse e il titolo mi lasciò senza fiato : “ Aspetto nel fuoco “.



Immediatamente lessi le note di copertina : “Un giovane ragazzo innamorato della musica approda a New York , un giorno del 1991. Porta un nome glorioso ma non se ne vanta, anzi , lo nasconde trovando la sua difficile strada col cuore e con la testa negli anni più appassionati del rock. Fino quella tragica sera di primavera…”.
Di colpo posai di nuovo il libro nello scaffale.
Un altro Kurt Cobain che si è fatto bruciare dal successo, pensai, con un’ampia dose di cinismo.
Eppure nell’ampio spazio dello scaffale due occhi tristi e profondi mi guardavano con dolcezza.

Un sorriso appenna accennato e i lunghi capelli spettinati mi dicevano che forse quel Jeff Buckley non era un musicista drogato e maledetto come avevo supposto. Era qualcosa di diverso.
Acquistai l’auto biografia e la lessi tutta di un fiato in una delle notti più belle della mia vita.
Non avevo ancora ascoltato una sola nota dell’unico album pubblicato dallo sfortunato musicista “ Grace “ (Paradiso) nel 1994 e già mi aveva conquistato. A breve arrivò anche il cd e il quadro fu finalmente chiaro: Jeff Buckley era un genio della melodia , una voce candida e sensuale che ti rapiva fino a portarti in paradiso (Grace,appunto) , un compositore di grande spessore e sensibilità.
Ecco la sua storia:
Jeffrey Scott Buckley nacque al Martin Luther King Hospital di Los Angeles ,California il 17 novembre del 1966. Il padre Timothy Buckley III lavorava al Taco bell di Anaheim per mantenere la madre poco più che adolescente di nome Mary Guilbert.
In realtà Tim Buckley , non ancora ventenne, era già un apprezzato cantante folk con diverse esperienze alle spalle sia da solista che in gruppo.
Inoltre si diceva che per un breve periodo di tempo fosse stato compagno di stanza di James Douglas Morrison spronandolo più volte ad intraprendere la carriera di musicista.
Ma anche Tim aveva ambizioni e sogni in tale ambito e un giorno di punto in bianco lascia la moglie e il figlioletto appena nato per diventare un’artista affermato cosa che gli riuscirà poi pienamente.
Questa separazione prematura acuita anche dal risentimento della madre segneranno il giovane Jeff per tutta la vita.
Cresciuto in una famiglia allargata comprendente nonni , zii , fratelli e fratellastri verrà sempre dipinto dai parenti come un ragazzo sereno,dolce ma anche un po’ malinconico cosa che gli frutterà anche il soprannome di “Viejito” , vecchietto, da parte della nonna materna.
Dopo aver preso il diploma con molta fatica anche perché Jeff ,sin da bambino,dimostra maggior interesse per la chitarra acustica e i dischi decide di non continuare gli studi ma di dedicarsi esclusivamente ala musica e ad un’ipotetica carriera.
Entra in diverse band rock e metal ma non sembra ancora trovare la sua strada e quelle esperienze si esauriscono in poco tempo.
Nel 1987 entra in uno stato di forte depressione forse causato anche dall’aver assistito insieme alla madre ad un concerto del padre a Los Angeles. Era la prima volta che lo vedeva ma Tim si rifiuterà di incontare sia lui che la madre. Un evento traumatico!
Nel 1990 al culmine di un malessere esistenziale profondo che secondo le sue stesse parole lo stava quasi uccidendo decide di partire e trasferisrsi a New York.
Qui rinvigorito dall’atmosfera bohemienne della metropoli a da nuove amicizie mette su una nuova band esibendosi nei locali fumosi della periferia Newyorkese.
Scrive parecchie canzoni che prima finiranno nel mini lp dal vivo Live at Sin-è (un cafè artistico) e poi nel capolavoro “Grace” pubblicato dalla major Columbia il 22 agosto 1994.
Si tratta di un vivido affresco di emozioni dipinte con i pennelli del blues, del gospel, del rock , della musica intimistica.
Il disco vende tantissimo catapultando il giovane Jeff tra le stelle del firmamento musicale. Seguono diversi tour mondiali tra cui una data storica a Milano il 16 Settembre 1994.
Ma la tragedia è dietro l’angolo.
Il 29 maggio del 1997 Jeff si sveglia in un albergo di Memphis dopo un’ennesima serata di concerti e subito và a tagliarsi i capelli. Aveva fatto lo stesso alla vigilia di quello che per lui era stato un grosso cambiamento:”la fuga a New York”.
Dopo diversi tour in tutto il mondo sente il bisogno di ritrovare le cose semplici di un tempo quando ancora non era famoso e acclamato.
Decide quindi di fare un bagno insieme al roadie della band Keith Foti nel Wolf River un’affluente del Mississippi .
Entra in acqua con ancora i vestiti addosso e si lascia trascinare dalla corrente. Comincia a nuotare fino ai piloni lontani scomparendo tra le pieghe del fiume. Verrà ritrovato il giorno seguente e riconosciuto dal suo manager. Moriva il ragazzo triste e senza padre e nasceva una stella di radiosa e pura bellezza.
Ecco alcuni suoi versi (tradotti):

E li sento annegare il mio nome
Così facile da conoscere
E da dimenticare con questo bacio
Non ho paura di andare
Ma il tempo passa così lentamente
Aspetto nel fuoco

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