Al di là delle disquisizioni puramente tecnico/compositive, “Priva di rilievo”, primo cd autoprodotto dei da’namaste ( ensemble dell’area cittadina Nocera inferiore/Pagani) porta in superficie un pregio oserei dire fondamentale: quello di saper catturare immediatamente l’attenzione con un suono epidermico, laterale e difficilmente inquadrabile.
Struggente e a tratti dolorosamente catartica la voce del chitarrista Francesco Tedesco dipinge, nella song d’apertura “Raccontami una fine”, un paesaggio arido e desolato fatto di solitudine umana e insensibilità urbana.
Nel contesto rumorista del pezzo, ispirato fortemente dai primi Sonic Youth( Band noise rock americana), la seconda voce di Teri ( sempre chitarra) sembra quasi dare un tocco intimamente caldo là dove dovrebbe esserci solo la freddezza e il disincanto.
Molto più complesso e sperimentale è “Campi” che si segnala ancora per il doppio cantato di Francsco e Teri, i quali svolgono un ottimo lavoro interpretativo sopra una base di chitarre dal forte appeal onirico/ industriale.
“Ozi” si presenta con una melodia quasi orientale diventando via, via sempre più mimalista e amara ( ascoltate le parole di Francesco). Il pezzo poi improvvisamente si anima lanciandosi in una jam di suoni e influenze diverse.
“Un grido” è un’altra lunga canzone (ben sette minuti e più) dove si sente fortissima ma mai ingombrante l’influenza dei nostrani Merlene Kuntz. L’emotività del cantato e della visione ad esso connessa lascia l’ascoltatore quasi paralizzato di fronte un’esperienza così unica e destabilizzante( anche se avrei voluto dire di nuovo catartica…). Dopo un breve interludio ( sognante nel suo mesto incedere comunque meccanico e industrialoide ) è l’ora di un nuovo viaggio attraverso “Una altro vuoto”, la song più classicamente rock di tutto il cd. Psichedelia purissima ( gli Isis dell’ultimo splendido cd mi vengono prepotentemente in mente…) che trasporta il cuore e la mente verso luoghi altri ( o altre dimensioni se volete), lontani anni luce dal paesaggio apocalittico inizialmente delineato dai nostri. Questa è la grandezza dei da’namaste. Come un buon libro, o un quadro dai toni e colori forti e avvolgenti, la loro musica và ascritta di diritto nel novero della grande arte espressiva. E pazienza se poi non riusciremo a capirli mai fino in fondo…
Struggente e a tratti dolorosamente catartica la voce del chitarrista Francesco Tedesco dipinge, nella song d’apertura “Raccontami una fine”, un paesaggio arido e desolato fatto di solitudine umana e insensibilità urbana.
Nel contesto rumorista del pezzo, ispirato fortemente dai primi Sonic Youth( Band noise rock americana), la seconda voce di Teri ( sempre chitarra) sembra quasi dare un tocco intimamente caldo là dove dovrebbe esserci solo la freddezza e il disincanto.
Molto più complesso e sperimentale è “Campi” che si segnala ancora per il doppio cantato di Francsco e Teri, i quali svolgono un ottimo lavoro interpretativo sopra una base di chitarre dal forte appeal onirico/ industriale.
“Ozi” si presenta con una melodia quasi orientale diventando via, via sempre più mimalista e amara ( ascoltate le parole di Francesco). Il pezzo poi improvvisamente si anima lanciandosi in una jam di suoni e influenze diverse.
“Un grido” è un’altra lunga canzone (ben sette minuti e più) dove si sente fortissima ma mai ingombrante l’influenza dei nostrani Merlene Kuntz. L’emotività del cantato e della visione ad esso connessa lascia l’ascoltatore quasi paralizzato di fronte un’esperienza così unica e destabilizzante( anche se avrei voluto dire di nuovo catartica…). Dopo un breve interludio ( sognante nel suo mesto incedere comunque meccanico e industrialoide ) è l’ora di un nuovo viaggio attraverso “Una altro vuoto”, la song più classicamente rock di tutto il cd. Psichedelia purissima ( gli Isis dell’ultimo splendido cd mi vengono prepotentemente in mente…) che trasporta il cuore e la mente verso luoghi altri ( o altre dimensioni se volete), lontani anni luce dal paesaggio apocalittico inizialmente delineato dai nostri. Questa è la grandezza dei da’namaste. Come un buon libro, o un quadro dai toni e colori forti e avvolgenti, la loro musica và ascritta di diritto nel novero della grande arte espressiva. E pazienza se poi non riusciremo a capirli mai fino in fondo…
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