Il nuovo cd dei Lord's Rock, si candida subito come un’uscita imprescindibile, o meglio come si dice in inglese “Buy or die”.
Dedicato interamente ad una ragazza scomparsa in maniera prematura “ Goodbye P.” è la trasposizione in musica ( secondo il sottoscritto nella forma del concept album) di un distacco traumatico e di tutto il dolore che ad esso è inevitabilmente connesso. Ma soffermiamoci per un attimo sui primi due pezzi: Il primo, “He wents to live with you” possiede la struggente malinconia acustica dei migliori Simon& Garfunkel mentre il secondo “ Believe him” acquista, di slancio, maggior vigore anche se è sempre legato a doppio filo con atmosfere intimistiche e folkeggianti. Un forte flavour anni settanta si respira invece nella languida “Leave this guy” dai toni sommessi e a tratti esitanti. E’ ancora sofferenza e rimpianto con “ Don’t go away” ( il titolo è emblematico in proposito) ma l’hammond all’improvviso irrobustisce il sound mentre la voce di Salvatore Allocca recita catartico una storia come mille altre su questa terra eppure così unica nel dolore di chi la racconta. Bellissimi gli inserti di sax i quali donano ancora più atmosfera al pezzo. Romantica e solare è invece “ The sunflower” che spezza il mood malinconico del disco aprendo la seconda parte ( o il secondo lato come si diceva un tempo per i vinili…) la quale si presenta prima con la Dylaniana “ A song…” e poi con la robusta e (finalmente!) rockeggiante “Fat but nice” figlia dei Doors più fumosi e maledetti. Bella prova di Salvatore Rainone alle pelli. Dopo la strumentale “Death” e la soffusa “ Close your mind” è di nuovo dolce/ amaro rimembrare nella preziosa “Don’t tell me a nothing”.
Un caleidoscopio di sensazioni diverse e profonde.
Il gran finale è consegnato nelle mani dell’ascoltatore, oramai assuefatto, attraverso la splendida e a tratti radiosa “You” ( molto Dylaniana anche questa), song che sprigiona letteralmente un messaggio di speranza e di coraggio con le sue atmosfere solari e sognanti. Infine è solo la pace e il conforto con la conclusiva “Good Night” dove il lavoro corale della band tocca il suo culmine in fatto di ispirazione e composizione.
Dedicato interamente ad una ragazza scomparsa in maniera prematura “ Goodbye P.” è la trasposizione in musica ( secondo il sottoscritto nella forma del concept album) di un distacco traumatico e di tutto il dolore che ad esso è inevitabilmente connesso. Ma soffermiamoci per un attimo sui primi due pezzi: Il primo, “He wents to live with you” possiede la struggente malinconia acustica dei migliori Simon& Garfunkel mentre il secondo “ Believe him” acquista, di slancio, maggior vigore anche se è sempre legato a doppio filo con atmosfere intimistiche e folkeggianti. Un forte flavour anni settanta si respira invece nella languida “Leave this guy” dai toni sommessi e a tratti esitanti. E’ ancora sofferenza e rimpianto con “ Don’t go away” ( il titolo è emblematico in proposito) ma l’hammond all’improvviso irrobustisce il sound mentre la voce di Salvatore Allocca recita catartico una storia come mille altre su questa terra eppure così unica nel dolore di chi la racconta. Bellissimi gli inserti di sax i quali donano ancora più atmosfera al pezzo. Romantica e solare è invece “ The sunflower” che spezza il mood malinconico del disco aprendo la seconda parte ( o il secondo lato come si diceva un tempo per i vinili…) la quale si presenta prima con la Dylaniana “ A song…” e poi con la robusta e (finalmente!) rockeggiante “Fat but nice” figlia dei Doors più fumosi e maledetti. Bella prova di Salvatore Rainone alle pelli. Dopo la strumentale “Death” e la soffusa “ Close your mind” è di nuovo dolce/ amaro rimembrare nella preziosa “Don’t tell me a nothing”.
Un caleidoscopio di sensazioni diverse e profonde.
Il gran finale è consegnato nelle mani dell’ascoltatore, oramai assuefatto, attraverso la splendida e a tratti radiosa “You” ( molto Dylaniana anche questa), song che sprigiona letteralmente un messaggio di speranza e di coraggio con le sue atmosfere solari e sognanti. Infine è solo la pace e il conforto con la conclusiva “Good Night” dove il lavoro corale della band tocca il suo culmine in fatto di ispirazione e composizione.
Cercateli.
Nessun commento:
Posta un commento