sabato 21 agosto 2010

AUTORI VARI - AMBIGUE UTOPIE ( RECENSIONE TRACK BY TRACK - BIETTI EDITORE, 2010)

Partiamo dal titolo di questa interessante antologia:”Ambigue Utopie”.
Secondo il dizionario della lingua italiana un’utopia è un’idea irrealizzabile, un progetto inattuabile.
Insomma qualcosa che si può teorizzare ma difficilmente mettere in pratica.
Se un’utopia diviene in qualche modo “ambigua” ( Equivoca? Enigmatica? Elusiva? Dubbia?), l’ intelligibilità dei fatti è ancora meno chiara.
Un po’ vago vero?
Eppure quando si parla di Fantascienza, i confini del pensiero umano ( sia esso inteso in senso puramente teorico ma anche [ e soprattutto] in senso creativo) si espandono verso dimensioni lontane e inesplorate.
In tal senso quasi tutti i racconti presenti nel libro sono "Ambigue Utopie".
Toccano mondi lontani e futuribili ( ecco l'utopia di base...), divagando tra nuove minacce e antiche maledizioni del vivere moderno.
Seppur gli scenari delineati sono in qualche modo “riconoscibili” l’utopia rimane, in quanto il futuro del genere umano è ipotizzabile, sognabile ma mai prevedibile con accurata certezza ( anche se la fantascienza si arroga a volte questo “strano”pregio…).
Qualche autore decide addirittura di noleggiare un macchina del tempo e visitare il nostro “ambiguo” passato storico/politico/sociale.
Essendo un’attività rivolta alla rielaborazione fantasiosa ( qualcuno la definisce Ucronia) e a volte egoistica ( cambiare il passato non è un atto di egoismo? Come diceva il buon Luciano De Crescenzo il “passato è passato” con una chiaro gesto della mano…come a dire inutile starci a perdere tempo), di alcuni eventi/chiave di una lontana epoca, per certi versi quasi mitica ( il mito non è un’utopia dell’uomo?), l’interpretazione soggettiva/autoriale vaga tra visioni di purezza primigenia e terribili deliri provocati da stati d’ansia politico/depressiva.
Se poi “carichiamo il carro”, affermando che un maestro dell’immagine come Kubrick era assolutamente certo che un film come “Barry Lyndon” fosse una fiction “fantascientifica”, perché volta a indagare e reinterpretare ciò di cui abbiamo solo vaghe reminescenze ( il passato of course..) tutto sembra finalmente chiaro.
Forse…
I due curatori, Walter Catalano e Gian Filippo Pizzo non hanno voglia di rischiare ( fanno bene di questi tempi…) tra divagazioni letterarie altrui e una più o meno velata propensione alla denuncia nuda e cruda ( ma per questo c’è già Feltri che gioca tra fiction e realtà).
Ecco allora il concetto di Fantaresistenza, attraente cavillo politico/creativo sul quale tracciare la strada maestra e come dice il gladiatore: “serrare i ranghi!”
Una testuggine contro tutto quello che fa male al nostro paese?
Certo.
Un ariete contro il perbenismo intellettuale e il falso liberalismo?
Sure!
Qui c’è tutto questo e molto altro.
E possiamo evidenziarlo solo ed esclusivamente parlando di ogni singolo racconto:
“Zona rossa. Trame nere” di Claudio Asciuti è il miglior inizio possibile. Passato, presente e futuro. Sogno, realtà e finzione. Tutto in un sol colpo! Una fedele ricostruzione dei giorni terribili del G8 di Genova così come potrebbe raccontarli chi ha letto ( e vissuto), i romanzi di Farmer, Dick e Matheson, rimescolando il tutto nei panni del cinema di Carpenter. C’è anche una colonna sonora “riconoscibile”, altro punto a favore del racconto. Adoro il connubio musica/letteratura. Capolavoro.
Fantaresistenza: a fiumi ( di folla!).
“Il paradosso di Glenn Gould” di Giovanni Burgio è la fantasia (utopistica) al potere. Bella l’idea di base e ammirevole la scelta stilistico/musicale. Da leggere.
Fantaresistenza: no!
“Nekropol” di Walter Catalano è l’horror prestato alla fantapolitica. Splendido e perfetto.
Fantaresistenza: nì.
“L’Area 52” di Vittorio Catani è cattivo fino al midollo come un brano sparato a velocità supersonica e dalla chitarre deflagranti. Qualcuno lo chiamerebbe metal futuristico applicato alla letteratura. Io dico solo che pochi hanno il coraggio di osare in questa antologia come lo ha fatto Catani. Onore al merito.
Fantaresistenza: cazzo, sì!
“La figurina di Bulgarelli” di Piero Cavallotti è il quotidiano visto attraverso sensi “diversi” ( ambigui? Forse…). Tutto si cristallizza ( nella forma definita del diario) ma nulla cambia.
Fantascienza: non proprio. Fantaresistenza: proprio no.
“La vita considerata come un’interferenza tra nascita e morte” di Vittorio Curtoni, mi ha ricordato l’ultimo romanzo di Mauro Baldrati, “La città nera”. Una spietata ma ispirata descrizione ( o meglio ancora rielaborazione) di uno dei più grandi mali dell’uomo: il falso liberalismo e l’accentramento del potere con i sotterfugi più meschini e subdoli. Ribellarsi significa solo essere cancellato da un sistema che non desidera altro che la morte dell’ideologia ( e quindi dei corpi). Ottimo esempio.
Fantaresistenza: eh sì.
“Come noi li rimettiamo ai nostri debitori” di Milena Debenedetti, è il "Grande Fratello" di Orwell passato al tritacarne dei tempi moderni audio/televisivi. L’audience è Dio. Tutto il resto è superfluo compresa la vita umana. Lovecraft lo aveva predetto in altri modi. Cthulhu è la Tv.
Fantaresistenza: nì.
“Marte distruggerà la terra” è la politica mondiale secondo Valerio Evangelisti. Putrida, opportunista, cannibale, sgangherata.
Fantaresistenza: sì.
“Il riflesso nero del vinile” di Domenica Gallo è una spy story futuristica, ben scritta e dal grande patos emozionale.
Fantaresistenza: no.
“L’estate perfetta” di Daniele Ganapini è il futuro visto attraverso gli occhi dell’autore. Tecnologia e vuoto esistenziale fusi insieme in una sofferta meditazione.
Fantaresistenza: no.
“Un mondo migliore” di Francesco Grasso è la classica teoria della cospirazione e del cittadino ignaro di fronte a progetti oscuri e apocalittici. Buon racconto.
Fantaresistenza: nì.
“Il potere logora” di Gian Filippo Pizzo si basa su un’intuizione vincente: riuscire a decifrare ( e riconoscere) il lato oscuro del potere politico attraverso un dono (arma) singolare e raro: la telepatia.
Se ci pensiamo bene non è poi così utopistico, così lontano dalla realtà…
Fantaresistenza: sì.
“Una domenica diversa” di Pierfrancesco Prosperi. Kafkiano fino al midollo. Autentica “ambigua utopia”.
Fantaresistenza: sì.
“Storia di un commissario” di Francesco Ricciardello. Lucida e dettagliata descrizione di un universo vicino/lontano al nostro. Tra passato e futuro. Tra visione e cruda realtà. Ottimo racconto.
Fantaresistenza: nì.
“Terra avvelentata” di Umberto Rossi, è il male attuale che diventa pretesto (classico) per raccontarlo. Anche in questo caso uno spietato atto d’accusa contro l’uomo/parassita/distruttore/progressista.
Fantaresistenza: sì.
“Tradimenti” di Danilo Santoni è un’altra autentica “ambigua utopia”. Molto ambigua e tanto attraente nel delineare un’ucronica ( personalissima) visione del passato.
Fantaresistenza: nì.
“Notte di ghiaccio” di Roberto Sturm ( nome d’arte “poetico/celebrativo”?), racconto ermetico e complesso con ambizioni di indagine psicologica. Interessante.
Fantaresistenza: no.
“La sindrome di Casablanca” di Enzo Verrengia è il più atipico, visionario, umoristico e geniale racconto presente nell’antologia. Una mosca bianca, un’utopia diversa e per questo ancor più indecifrabile. Chi osa la vince.
Fantaresistenza: no.
“Il volo della Garbot” di Alessandro Vietti. Come le opere di Dick è una poetica e tragica descrizione di un futuro che seppur visionario e cibernetico ( quindi attraente ma anche prevedibile) nasconde l’insidia più atroce:la morte è una dimensione che anche in un universo artificiale come quello descritto di Vietti, ha sempre la sua ragione di esistere…l'ultima "ambigua utopia" del libro.
Fantaresistenza: nì.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Edu,
grazie per la puntuale e originale recensione, ma non ho capito perché scrivi che noi curatori non abbiamo voluto rischiare: ci sembra di averlo fatto.
Poi non sono d'accordo sul "no" fantaresistenza attribuito ad alcuni racconti, a noi pareva che l'unico probabilmente (ma solo apparentemente) fuori tema fosse quello di Burgio, gli altri hanno sempre comunque una valenza politica.
Comunque la tua è sicuramente una analisi assai precisa e quindi rinnovo i ringraziamenti.
Gian Filippo

EDU ha detto...

Ciao Gian
Come va?
Mi spiego subito:
il concetto "rischio dei curatori" era riferito alla specificazione ( o sottotitolo) "racconti di fantaresistenza".
Se il libro fosse stato intitolato solo "Ambigue Utopie", a mio parere, sarebbe venuto fuori un lavoro di fantascienza più astruso e complesso.
Invece con il tema della "fantaresistenza", voi curatori avete assemblato un lavoro più omogeneo senza rischiare di pubblicare un'antologia troppo varia e quindi troppo dispersiva.
I miei giudizi sul " no fantaresistenza" invece li confermo in pieno.
Alcuni sono ottimi racconti di fantascienza ma il concetto politico è labile, stiracchiato, tirato per i capelli.
In altri è presente e lo evidenzio in pieno.
Tutto qui.
Senza togliere nulla al valore d'insieme che è cmq molto alto.
Complimenti.